I ragazzi delle case INCIS cap 12°


Capitolo 12°  Il grande Blek

 

Leandro non aveva mai provato simpatia per Matteo. Istintivamente. Avevano la stessa età, stavano crescendo insieme nello stesso ambiente ma non erano amici. Il loro era più che altro una specie di rapporto di affari. Matteo possedeva la più grande raccolta di fumetti e giornalini della città, almeno così si favoleggiava. Faceva scambi solo alla pari con tutti gli altri ragazzi ma di fatto nessuno riusciva a sorprenderlo e a chiudere un buon affare perchè lui possedeva tutti i fumetti. Quindi accettava qualsiasi cosa per il baratto: biglie di vetro (almeno quattro per il più piccolo e insignificante giornalino), francobolli, figurine della serie degli animali e dell'Isola del tesoro. Oggetti che pagavano solo il prestito perchè l'acquisto aveva prezzi proibitivi per tutti. Lucianino lo chiamava lo stronz-zino ed era l'unico che  rifiutava qualsiasi rapporto commerciale con Matteo, Leandro invece riusciva a chiudere discretamente qualche trattativa perchè possedeva qualcosa che a Matteo mancava: l'intera collezione del Giorno dei Ragazzi. Si trattava dell'inserto del Giorno, il quotidiano che comprava suo padre. Usciva ogni giovedì ed era un vero giornale a parte, di formato diverso, con storie a puntate di vari personaggi tra i quali il viaggiatore spaziale Dan Dare e il mitico Cocco Bill di Jacovitti, che appariva per la prima volta solo su quel giornale. Matteo aveva cercato di convincere il padre a comprare anche lui il Giorno ma inutilmente. Un buon trevigiano legge solo il Gazzettino non quel  giornalaccio della borghesia milanese e di quel Mattei. Così Leandro, per una copia (in prestito) del Giorno chiedeva in cambio una copia di Blek Macigno e una di capitan Miki(sempre in prestito), alternati a volte con Tex Willer o il Vittorioso.

Un giorno Matteo invitò Leandro e Giulio Cesare a vedere la sua collezione di fumetti, un avvenimento. Nessuno dei ragazzi era mai entrato in casa sua, perchè i genitori di Matteo, lui alto funzionario del Tribunale e lei insegnante di scuola superiore, non gradivano gli amici del figlio, quasi tutti meridionali. Quel giorno non c'era nessuno in casa, neanche la cameriera. I due ragazzi entrarono nella stanza di Matteo (Possedeva una stanza tutta per sè. Beato lui!) e subito lo sguardo cadde su due enormi bauli spalancati che traboccavano di giornalini, al posto delle monete d'oro, come in un film di pirati.  

- Possiamo toccarli?-

- Certo.- Leandro e Giulio Cesare si tuffarono letteralmente in quel paradiso di carta stampata e disegnata. C'erano tutti i numeri dell'Intrepido e del Monello e oltre ai soliti Topolino, Tex Willer, capitan Miki e il grande Blek; c'erano molte copie dell'Uomo Mascherato, di Mandrake, di Flash Gordon, di Nembo Kid e di tanti altri, qualcuno mai sentito nominare. Dopo vari minuti di stupore e di esaltazione, i due amici si svegliarono dall'ubriacatura e si rivolsero a Matteo che li guardava con un sorriso maligno.

- Cosa vuoi in cambio ?-

- E voi cosa potete darmi ?-

Leandro e Giulio Cesare non avevano granchè da offrire, ormai Matteo era diventato una specie di Paperon de Paperoni del circondario. Qualunque cosa avesse un valore per i ragazzi, lui la possedeva. Quando non poteva comprarsela malgrado i soldi del padre, finiva sempre con l'acquisirla in qualche maniera. Tutti sapevano della sua splendida collezione di fionde e lui non sapeva costruirne una che valesse un soldo.

- Facciamo un patto. Io vi do dieci giornalini e voi potete scegliere quelli che volete. In cambio...- Matteo s'interruppe e li fissò in modo inquietante. Leandro pensò che gli piaceva sempre meno quel ragazzo troppo viziato, forse perchè figlio unico. In quel momento, in piedi davanti alle cassapanche, con gli amici ancora inginocchiati, sembrava un fauno delle foreste o peggio un troll.

- In cambio ?- Sollecitò Giulio Cesare.

- Vi fate pungere il sedere. Dieci volte.- Così dicendo fece vedere un lungo spillone che teneva nascosto dietro la schiena.

- Ma tu sei scemo.- Sbottò Leandro.

- Scemo, stronzo e malato- Poi rivolgendosi a Giulio Cesare:

- Dai andiamo, prima che mi venga la tentazione di rompergli la faccia.-

- Un attimo. Aspetta !- Leandro guardò sorpreso l'amico. La stanza era immersa nella penombra, pesanti tendaggi scuri facevano entrare pochissima luce dalle finestre. Non se n'era accorto prima ma quella era una brutta stanza con quei mobili scuri di legno massiccio. E poi c'era un aria malsana, peggio di un odore di chiuso.

- Io me ne vado. Allora vieni-

- No.-

Improvvisamente Giulio Cesare, l'amico di sempre era diventato un estraneo, peggio, uno sconosciuto. Teneva la testa abbassata e si rifiutava di guardarlo in faccia. Matteo continuava a sorridere, un ghigno schifoso da diavolo vincitore.

- Ma andate a cagare!- Leandro uscì prendendo a calci dei nemici immaginari. Fuori era una bellissima giornata di sole e l'aria era fresca e profumata. Non parlarono mai dell'episodio. Ogni tanto Giulio Cesare offriva all'amico dei giornalini ma Leandro rifiutava sempre. Rimasero ancora amici ma qualcosa era cambiato tra di loro. La confidenza e la complicità di un tempo erano scomparse.

Una volta venne a cercarlo mentre stava studiando. In prima media gli impegni erano diversi da quelli delle elementari.

- Dai molla tutto. Abbiamo un appuntamento importante.-

- Con chi ?-

- Poi te lo spiego. Adesso andiamo.- Un mese prima era venuta ad abitare alle case INCIS una nuova ragazza, loro coetanea. Si chiamava Mariarosa, era bruttina, un pò troppo abbondante e dimostrava più della sua età. Non era ancora riuscita a legare con le altre ragazze in compenso era molto popolare tra i ragazzi. Leandro non capiva perchè, a parte il naso a patata e un intensa coltivazione di foruncoli sul viso, parlava con un tono cantilenante che metteva i brividi ed anche a contenuti non era una cima. Leandro fu quasi trascinato dall'amico nello scantinato del secondo palazzo.

Il corridoio era buio ma in fondo a quel labirinto, in una stanza c'era una lampadina accesa. Appoggiata alla porta Mariarosa.

- Vedo che hai portato un amico. Va bene lo stesso.- La ragazza sollevò la gonna e abbassò le mutandine. Leandro smise di respirare. Gli occhi gli s'inchiodarono in quel triangolo di pelle candida dove una leggera peluria nera incorniciava l'argomento di tante discussioni.

- Ve la faccio toccare ma prima voglio vedere i vostri cosi.-

In un baleno Giulio Cesare s'era sbottonato e abbassato pantaloni e mutande. Leandro stava ancora armeggiando coi bottoni quando la ragazza disse:

- Com'è grande!-

Per Leandro fu un fulmine a ciel sereno. Non aveva mai pensato alle dimensioni del suo sesso. Quando erano più giovani, facevano gare a chi pisciava più lontano. Non c'erano mai stati altri termini di confronti. Sentendo l'esclamazione di Mariarosa gli si era aperta una nuova visione del mondo. Si sentì molto piccolo e con lui il suo attributo virile. La timidezza gli fece infiammare le guance e l'improvviso terrore di non essere all'altezza dell'amico fece il resto. L'erezione svanì di colpo e si ritrovò indifeso e sconfitto. Biascicò qualche parola di scuse tipo “torno subito” e svanì nel buio. Più tardi, davanti all'amico che voleva raccontargli i particolari dell'avventura e gli chiedeva spiegazioni per quella strana fuga, non seppe cosa rispondere.

- Fregatene. Sarà per la prossima volta tanto Mariarosa non dice mai no a nessuno.-

Il tempo stava cambiando i loro corpi e i loro desideri. Cancellati i vecchi giochi, diminuite le corse in bicicletta, aumentati gli impegni scolastici con tutte quelle materie nuove e tanti insegnanti. La vita era diversa. Anche le ragazze, le amiche di sempre, ora venivano guardate con occhi diversi. La televisione cominciava ad occupare spazi sempre maggiori di tempo. Nuove informazioni e nuove conoscenze. I ragazzi delle case INCIS stavano crescendo. Leandro rifletteva sul mutare delle cose e nei suoi pensieri c'era una nota di nostalgia come se avesse perso qualcosa d'importante. Era una sensazione dolorosa che non gli riusciva di mettere a fuoco. Anche gli amici erano diversi: Giulio Cesare e Renato. Ricordava i primi giorni, quando era appena arrivato alle case INCIS.

Non aveva ancora fatto amicizia coi ragazzi e da solo giocava con una trottola di legno. Un gruppo di bambini capitanati da un ciccione (Bove) gliela aveva strappata di mano ed era nata una feroce litigata, prima a parole poi con le mani. Leandro si era ritrovato sotto una massa di corpi(sei contro uno) e tutti che lo picchiavano senza pietà, quando era arrivato Renato. Biondo, forte, sembrava ancora più alto nella sua ira. Sembrava un angelo vendicatore. Sembrava il grande Blek. Con una serie di calci e sberle aveva allontanato gli assalitori, poi lo aveva aiutato ad alzarsi da terra.

- Io sono Renato. Tu come ti chiami ?-

- Leandro.-

- Bene. Ragazzi, lui è un nuovo amico.- Il tono non ammetteva repliche. Si, Renato era davvero il grande Blek.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



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