Ottobre 1965

 di Leo Spanu

Una volta, quando i cantanti italiani andavano ad esibirsi in America, rientravano in patria vantando uno "straordinario successo". In realtà finivano col cantare solo nei circoli italo-americani dove i nostalgici spettatori pretendevano solo "O sole mio"  e o "Mamma solo per te la mia canzone vola". Un pò come i Blues Brothers nelle "balere" del Texas: solo folk.

Non dico che le pillole del mio primo romanzo abbiano avuto la stessa accoglienza ma se almeno ad uno è venuto la tentazione di leggere il romanzo intero, allora è andata bene. Peccato che il libro non si trovi più in commercio. Non che sia stato pubblicato in migliaia di copie. Comunque partiamo col secondo romanzo.

P.S. Non sono il peggiore dei romanzieri in circolazione ma non mi conosce nessuno (o quasi) e nessuno (di importanza televisiva) mi ha ancora scoperto. Il professor  Nicola Tanda, uno dei più fini intellettuali italiani, mio sponsor, non era una persona facile e comoda. Anche il nostro comune paese natio (Sorso) sta facendo di tutto per dimenticarlo. E non solo lui. Ultima nota: i due romanzi sono stati pubblicati nella collana I quaderni della memoria diretta dal professor Tanda.

da  A Brescia non c'è la nebbia .Edizioni EDES Sassari, 2018.

Il viaggio di ritorno non finiva mai. Gli sembrava di essere diventato un elemento fisso del treno come quei divanetti di velluto consumato. Una carrozza di prima classe, che aveva visto tempi migliori, era stata riciclata e degradata alla seconda per viaggiatori meno ricchi. E pensare che alla stazione Termini, a Roma, la parte anteriore del treno, con i vagoni di lusso, la carrozza ristorante, il wagon-lit e la locomotiva ultramoderna, sembrava un invito ad andare lontano, in gita perenne, per scoprire il bello del mondo. Invece per i poveri cristi, viaggiatori occasionali in cerca di un futuro e in fuga dal passato, sempre le ultime carrozze in fondo, sempre in fondo.

Il viaggio di andata (per ritirare il diploma di maturità) era stato ancora peggio, quasi un incubo. Ritardi dei treni, coincidenze  saltate e dopo ore e ore, sballottato come un pacco postale, si era ritrovato a Campobasso, aa notte molto inoltrata, solo e in giro per la città come un cane abbandonato. Per fortuna non c'era freddo nonostante fosse iniziato l'autunno e malgrado l'altitudine della città molisana ma vagare per le strade deserte in attesa dell'alba e del primo pullman per Agnone, non era stato un divertimento. No, non aveva avuto paura a trovarsi solo nella notte, anzi gli era tornata alla mente una delle sue canzoni preferite "Le strade di notte" di Giorgio Gaber.

Le strade di notte mi sembrano più grandi ed anche un poco più tristi. E' perchè non c'è in giro nessuno.

Era vero, non aveva mai provato prima quella sensazione, le sue notti in giro per Brescia erano sempre state insieme suoi amici, notti in allegria a giocare e scherzare. Ormai quel periodo della sua vita  era finito,  aveva ritrovato un'antica solitudine che credeva  di aver dimenticato e si preparava ad affrontare nuove esperienze.

Chissà perchè pensava che nel suo futuro ci sarebbero state altre strade buie e silenziose come queste di Campobasso.

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