Le donne di Kabul

 di Leo Spanu

Vogliamo dedicare almeno un pensiero alle donne afgana, fermarci un momento a riflettere su quanto siamo fortunati a vivere in un paese democratico. E’ vero noi uomini a volte siamo stupidi, a volte stronzi ma non siamo contro le donne: ci piace averle al nostro fianco e siamo lieti dei loro successi. Per noi sono mogli, amiche, amanti e compagne. Non potremmo mai immaginarle chiuse in case-prigione costruite da religioni sbagliate che odiano le donne, non potremmo mai vederle schiave e prostitute per vincere la noia di uomini che di umano non hanno più niente.

Ma servirebbe molto più di un pensiero per quelle donne di Kabul; non ci basta il cuore per  vedere il probabile, cupo futuro di quelle bambine, di quelle ragazze, di quelle donne che sono nostre sorelle.

Se per un attimo riuscissimo a dimenticare la stupidità delle mille inutili polemiche su tutto quel bagaglio di cialtroneria che ogni giorno ci buttano addosso per riempire pagine di giornali e poltrone televisive,  allora  potremmo riflettere su quanto male possa fare l’indifferenza. E’ appena morto un uomo vero, Gino Strada, uno poco amato dal potere, uno che non faceva il pacifista da salotto ma odiava davvero la guerra e la combatteva aiutando chi aveva bisogno, solo perché aveva bisogno.

Invece noi urliamo che ci stanno rubando la libertà perché ci chiedono di vaccinarci e facciamo manifestazioni contro il green pass perché è un’espressione di dittatura.

Le donne di Kabul non possono scendere in piazza a manifestare, si devono nascondere perché per loro la libertà non esisterà più. La libertà di studiare, di lavorare, di avere un amore, di costruirsi un famiglia. Stanno rubando loro la libertà di vivere.

Magari quando ci saremo  riposati dalle fatiche del ferragosto, potremmo andare noi in piazza per dire ai potenti del mondo che hanno sbagliato tutto e che non possono continuare a giocare con la vita delle persone. Potremmo andare in piazza  per chiedere di non abbandonare le donne di Kabul alla paura e alla violenza.

Ma non ci credo molto.

Commenti

  1. Ci sono cose per noi più che scontate, come AVERE UN NOME alla nascita che ci accompagna per tutta la vita. Non è così in Afghanistan da quando nel 1996 i Talebani conquistarono il paese limitando quasi totalmente i diritti umani alle donne che si ritrovarono a non poter più guidare, frequentare scuole. Persero anche il diritto al proprio nome. Il maschio diventata padrone della loro identità e sui documenti al posto che il loro nome appariva la scritta “figlia di…”, “moglie di…”. Nel 2020 questo diritto sembrava riconquistato, ma ora si ritorna al passato.

    LE DONNE AFGHANE

    Avanza il frutto plagiato
    dei signori della guerra.
    Avanza e cancella
    il nome conquistato

    Piangono Joya e Yasirah
    Che diventano “nessuno”
    Senza valore alcuno
    E il mondo sgomento ammira

    Son solo donne umiliate
    di Mohamed “moglie o figlia”
    Che come anonima conchiglia
    Son state da un pesce divorate

    Non festeggian l’8 marzo.
    Nascosto è il loro viso,
    non sfoggiano il sorriso.
    Quel diamante sembra quarzo.

    Nascosto dietro il divino
    D'un plagiato dogma religioso
    Avanza il flagello odioso
    Del fanatico assassino.

    E cosi due volte muore,
    Cancellando il passato e il nido
    All’antico e blasfemo grido:
    “È Dio che lo vuole!”

    Vitaliano Vagnini (22/08/2021)

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