Il professore di filosofia

 di Leo Spanu

Da " A Brescia non c'è la nebbia" Edizioni EDES Sassari 2018.

Il professore  Bellini insegnava storia e filosofia, era un tipo molto particolare, uno dei pochi insegnanti liberi nel pensiero e nei comportamenti e totalmente insensibile alle pressioni del preside. Secondo la voce popolare il suo trasferimento volontario al liceo classico, qualche anno dopo, era legato alla mancanza  di stima del professore nei riguardi del suo superiore. Bellini Uno, c'era anche un fratello detto Bellini Due che insegnava disegno e storia dell'arte, dava del lei a tutti gli studenti e secondo Simone, anche a se stesso quando si guardava allo specchio. Inoltre non rispettava mai il programma ministeriale, infatti era sempre indietro di qualche mese e aveva problemi con il tempo, nel senso che la successione ordinata e regolare delle ore, dei giorni e dei mesi per lui era una stravaganza; aveva impiegato un anno scolastico per spiegare i presocratici, Socrate, Platone e Aristotele contro i due mesi previsti dal programma ministeriale e a fine maggio aveva detto agli studenti:

-Il resto studiatevelo da soli. La storia e la filosofia devono essere capite, chiunque può imparare un nome o una data a memoria. Ma se avete capito Platone e Aristotele poi potrete capire tutto.-

Piaceva, malgrado tutto, agli studenti che lo rispettavano ed era l'unico che non guardava le gambe di Ginevra. Ginevra era la cavallona della classe, fisico sfacciato e atteggiamenti spregiudicati, amava provocare insegnanti e studenti con accavallamenti di gambe che mettevano a dura prova il collo, le coronarie e i pensieri di tutti. E' vero che le ragazze erano obbligate ad indossare in classe lunghi e orripilanti grembiuli neri ma bastava lasciare sbottonati gli ultimi bottoni e, visto che Ginevra portava sempre minigonne, più di una volta e più di uno si era ritrovato a meditare sulla lunghezza delle gambe della ragazza. Altro che filosofia.

Il modus operandi del professor Bellini era mitico. Non interrogava per mesi poi, d'improvviso, al momento degli scrutini, chiedeva "un prestito" ai colleghi. Entrava in classe durante le ore di qualsiasi altra materia e portava in corridoio il "condannato" di turno che, non prevedendo di essere interrogato, non aveva avuto la possibilità di dare neppure un'occhiata ai libri. Il professor Bellini che si aggirava per i corridoi del liceo come Dracula in cerca di sangue da succhiare era il terrore degli studenti.

Anche Leo finì nella lista ma con suo grande stupore, l'uomo non era un maledetto vampiro.

-Le chiedo scusa per averla disturbata. So che lei ha una certa propensione per le mie materie quindi non avrei bisogno di interrogarla ma mi serve un voto da mettere nel registro.- Ma la sua stima non andava mai oltre il sei.

Una mattina arrivò con la faccia cupa e nuvolosa.

Sabato, 23 novembre 1963.

Il professore Bellini entra in classe, un buongiorno più freddo del solito e si mette davanti alla cattedra invece che dietro:

-Oggi non è un buon giorno. Ieri è accaduto un fatto atroce che inciderà profondamente nella nostra storia. Ieri è stato ucciso il Presidente degli Stati Uniti, John Fitzgerald Kennedy.-

Una lunga pausa.

-A voi non interesserà ma parlare di banalità come da programma ministeriale è un'offesa alla vita e alla storia. Faremo un'ora di silenzio.-

Dopo di che il professore andò a sedersi al suo posto dietro la scrivania. Non aprì neanche il registro per fare l'appello. Si dimenticò anche di fumare, una sigaretta ogni mezz'ora precisa, e rimase fermo e immobile con lo sguardo fisso nel vuoto. Gli studenti  rimasero a loro volta fermi e muti  per un'ora fino a quando la campanella  li liberò da quella tortura. Quell'uomo  non doveva essere  sano di mente, pensarono tutti.

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