E' qui la festa?

 di Leo Spanu

Da " A Brescia non c'è la nebbia" Edizioni EDES Sassari, 2018

" Comincia l'epoca  dei balli di gruppo, con grande soddisfazione di Leo che non avendo una ragazza non è che si divertisse  molto a ballare con le ragazze amiche, da trattare sempre bene e sempre con educazione, e con le ragazze  scorfane, da trattare solo con educazione. In realtà gli inizi ballerini non erano stati molto brillanti.

La prima liceo, sezione B, lingua scelta il francese, era formata da 35 studenti: 10 erano ragazze, tutte carine malgrado i grembiuli neri che dovevano indossare e che le facevano sembrare tutte apprendiste sorelle della carità ovvero suore, il genere femminile (?) più odiato da Leo (del resto degli italiani non saprei).

I primi tempi erano stati difficili, non riusciva ad entrare in confidenza con i maschi figuriamoci con le ragazze. Così Leo rimaneva isolato e emarginato, una situazione abituale: maledetta timidezza!  Quando qualcuno organizzò una festa in casa d'amici, gli inviti furono automatici per tutte le ragazze  mentre per i maschietti la selezione fu feroce neanche fosse un concorso per un posto pubblico importante. Leo non era il solo imbranato della classe, era in buona compagnia tra quattordicenni foruncolosi, noiosi e ciabattoni da lasciare in disparte; la categorie dei panchinari nello sport, nel ballo e nella vita è sempre ricca di continui arrivi.

Ma Leo non aveva nessuna intenzione di farsi mettere in un angolo come un pugile suonato. Come tutti i timidi aveva momenti di sfacciataggine smisurata poi nella solitudine della sua stanza aveva tempi infiniti di profonda vergogna e buche immaginarie dove seppellirsi, per cui, un sabato pomeriggio di un ottobre piovoso, si ritrovò davanti al portone di un pretenzioso  palazzo nella zona della stazione ferroviaria.

Come Sherlock Holmes, aveva studiato il problema, trovate tutte le informazioni necessarie per conoscere il luogo del delitto o meglio del pomeriggio danzante e cercato una scusa decente e un alibi per il "delitto". Perchè lui era l'aspirante assassino non l'investigatore. Terzo piano, niente ascensore ma a piedi per cercare un modo intelligente di presentarsi, un sistema per non fare la figura del cretino: da dietro la porta si sentivano suoni e voci. Una lunga pausa di terrore.

-Scappo via o rimango? Nel dubbio paralizzante decise il suo dito indice che, motu proprio, si appoggiò da solo sul campanello. Si affacciò un ragazzo, suo coetaneo, mai visto prima.

-Tu che vuoi?-

-Mi chiamo Leo, so che qui c'è una festa.-

-E allora?-

-Nessuno mi ha invitato ma io sono venuto lo stesso.-

Il ragazzo guardò Leo  con un'espressione da Minosse che deve emettere una sentenza di condanna poi scoppiò a ridere.

-Sei uno strano tipo, dai entra.-

Una figura di merda da record del mondo ma da allora Leo non ebbe più bisogno  di infilarsi abusivamente nelle serate danzanti che ogni pomeriggio si svolgevano sempre in case diverse. Aveva trovato una chiave per entrare ora doveva trovare un scusa per restare...."

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