Il caso Scanzi

 di Leo Spanu

Non capisco il casino sul cosiddetto caso Scanzi. Dico subito  che Scanzi non mi piace come giornalista così come non mi piace il suo gemello Travaglio. Diffido di quelli che si sentono inviati da Dio in terra per giudicare e condannare gli altri. Tutta gente feroce che non perdona mai. Detto questo non mi scandalizzo di certo perché Scanzi si è fatto vaccinare a discapito delle regole. Ha fatto esattamente quello che avrebbero fatto 60 milioni di italiani (io per primo) che non rinuncerebbero al privilegio neanche sotto tortura. Ricordiamoci che noi siamo il paese del “tengo famiglia” e del “gli amici degli amici sono miei amici”.

Una domanda retorica: cosa succede quando, a fine giornata di lavoro, eroici medici candidati al premio Nobel per la pace, si ritrovano con qualche decina di vaccini antivirus che avanzano? Li buttano via? Quando mai! Un giro di telefonate a parenti, amici, clienti ed elettori e ” dai vieni di corsa che ti inoculo” (attenzione a come lo scrivete).

Questo è un paese che della retorica ha fatto la sua faccia pulita, la maschera  per coprire quello che non funziona. Siamo passati dal “brutti, sporchi e cattivi”  al vogliamoci tanto bene ma “stammi a due metri di distanza”. Il mondo reale è finito, esistono solo quelli che hanno almeno un milione di follower. Se non appari non sei nessuno.

Così finiamo in mano  ai giornalisti che fanno spettacolo in televisione ed in teatro, ai leoni di tastiera, ai distributori di merda sulla rete, ai giustizieri del giorno e della notte. Così c’è gente che va in giro a picchiare due ragazzi che si baciano per strada.

Attenti ragazzi, certe effusioni fatele in privato. Non per motivi di pudore ma per motivi di prudenza.  Le strade delle nostre città stanno diventando delle giungle. Fra poco ci uccideremo per non essere uccisi. In America ci sono già molto vicini.

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