Adesso che è tornato il silenzio

di Leo Spanu

Adesso che giornali e televisioni hanno spremuto l’ultima notizia triste e si mettono alla ricerca di nuovi dolori da dare in pasto a guardoni cannibali e giustizieri da tavolino, forse sarebbe il caso di utilizzare questi pochi momenti  di tregua per guardarci negli occhi, uomini e donne, e domandarci  il perché di tanta violenza. Ora che l’orrore quotidiano ci ha sfiorati per un attimo, prima di tornare alle nostre storie di ogni giorno, prima che scompaiano le ultime lacrime pubbliche e si consumino brandelli di pietà in fiocchi neri e rossi, in marce di protesta e fiaccolate, riusciremo a trovare almeno un momento per guardare dentro  la nostra coscienza senza  alibi o scuse ?
Il  brutale omicidio accaduto a Sorso, la straziante agonia di una giovane donna, due bambine spettatrici di una tragedia tanto orribile che una persona normale non augurerebbe neanche al suo peggior nemico, ha scosso la nostra comunità. Ma, e qui mi pongo una domanda “cattiva”: quanto incide e coinvolge l’opinione pubblica la località o il posto dove avviene un grave fatto di cronaca.
La “pietas” (lo dico in latino perchè in questa forma ha sempre un significato positivo e si distingue dalla “pietà” che talvolta si riveste di ipocrisia) quanto è legata alla distanza?
Un bambino che muore vicino a casa nostra, anche se non lo conosciamo, provoca in noi una sensazione di angoscia per la palese ingiustizia di una morte innocente.
Ma i bambini vittime quotidiane della guerra in Siria, come ci ricorda in continuazione papa Francesco, sembrano così lontani che il fatto se ci raggiunge, ci colpisce solo marginalmente.
La nostra umanità si misura in chilometri? Viene davvero il dubbio che il dolore si venda bene solo a chilometro zero.
Il corona virus ha fatto in Italia, in due mesi, una vittima (ieri) ma  a Cagliari c’è chi  tende a confondere filippini e cinesi e li bastona selvaggiamente; intanto in una sola settimana ci sono stati sei femminicidi.
Ho scritto in altri articoli (Te la ricordi Lella, blog 13/2/2016) dei ritardi della classe politica italiana nel promulgare leggi civili in difesa delle donne.
Il cosiddetto “delitto d’onore” è rimasto in vigore fino a non molti anni fa (1981); molti processi per stupro (1979) si sono trasformati in violente accuse contro le donne vittime mentre gli aguzzini se la ridevano pubblicamente. Non sto parlando di storia che si legge nei libri, sto parlando di cronache che, chi scrive ha seguito direttamente sui giornali e sulle televisioni.
Le bestie che violentarono l’attrice Franca Rame (1973) moglie di Dario Fo, non sono mai state processate eppure se ne conoscevano i nomi. 
Il presidente  della repubblica Oscar Luigi Scalfaro chiese scusa quando si seppe che lo stupro era stato “ordinato” da organi dello stato per motivazioni politiche.
Il reato nel frattempo era  andato in prescrizione.
La violenza sulle donne per molto tempo è stato considerato un reato contro la morale e non contro  la persona  (1996) come sembra logico a chiunque abbia un po’ di buonsenso.
Del resto perché stupirsi se il ruolo delle donne è sempre stato subordinato alle “esigenze” dell’uomo. Il diritto di voto, alle donne, è stato concesso solo nel 1945.
In questi giorni ci sono politici che parlano contro la legge sull ’aborto come se questa scelta  fosse un gioco per le donne che lo praticano e non una ferita, spesso inguaribile, al corpo e all’anima per colei che è costretta a ricorrervi.
Il rispetto nei riguardi non solo delle donne ma dei bambini, degli anziani,  degli  emarginati, dei deboli, di tutti quelli che non possono difendersi è un fatto di cultura prima ancora che di leggi e divieti. E cultura è anche un utilizzo corretto delle parole; non si può istigare all’odio per meschini interessi  politici e poi pretendere che non lascino tracce nelle menti più deboli.
Le parole sono pietre: offendono, feriscono e spesso uccidono.
Non ho soluzioni da offrire, data la complessità e la vastità del problema della violenza nella nostra società. Tocca agli esperti, politici, insegnanti, uomini di Chiesa  cercare le risposte.  
Ma noi gente comune, nel nostro piccolo, qualcosa la possiamo fare: insegniamo ai nostri figli l’educazione, come si faceva una volta. Il rispetto verso le altre persone, tutte le altre persone, inizia da qui.


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