Dialogo tra un Sancio Panza qualunque e un Don Chisciotte immaginario

 di Leo Spanu (col supporto del Salotto Letterario)

Segnaletica stradale (da Twitter)

Spettacolo ricavato dal romanzo di Miguel Cervantes: Don Chisciotte della Mancia
Più che altro parole strappate alle pagine o pillole di poesia per sopportare l’orrore quotidiano. Pubblico pagante in sala: uno solo,  uno spettatore distratto che aspetta nessuno. Ogni tanto ride da solo, chissà a cosa sta pensando.

Il riso è un incantevole raglio d’asino o un cavallo di legno che vola nel cielo.

Don Chisciotte è l’ultimo dei cavalieri, perennemente in lotta contro una realtà triste e volgare, per questa sola ragione lui continua a vivere nella memoria degli uomini, quelli che ancora sanno perdersi dentro un’ultima illusione.
Il nostro spettatore nevrotico, l’uomo che ride come un uno stupido perché è l’unico sopravvissuto ad un naufragio ma non sa che è finito in un’isola deserta. Vorrebbe pensare ma comincia lo spettacolo. Entrano in scena due attori in cerca di spettatori. Dietro le quinte Ronzinante aspetta il suo turno.

Sancio Panza: - Chi può mitigar la mia sorte?-
Don Chisciotte: - Morte.-
Sancio Panza: -. Chi ottiene felicità in amore!-
Don Chisciotte: - L’Incostanza.-
Sancio Panza: - E chi ne guarisce gli affanni?-
Don Chisciotte:- La Follia.-

Lo spettatore sfaccendato, in terza fila, si stiracchia, scoreggia in silenzio per non disturbare poi si tocca  gli attributi. Lo fa ogni volta che sente la parola  Morte.
-Però la follia che guarisce i malanni (i malanni sono affanni) non è male- Pensa e poi:
- Quanto è alto quel don Cosciotto! E il piccoletto tutto Pancia. Sembra una palla sgonfia.-

Ogni tanto arriva qualche frase volante come un calcio ai pensieri.

Don Chisciotte:- Sappi Sancio, che un uomo non vale più di un altro se non fa più di un altro.-
Spettatore critico:
- Ecco smontata la teoria dell'uno vale uno. Del resto quanta gente in giro che non fa niente e se ne vanta. E vogliono pure l’applauso, il niente che si abbraccia al nulla.-

Don Chisciotte: - Non puoi fermare il vento ma devi saper costruire i mulini.-
Spettatore scocciato:
- Io non so  costruire neanche una barchetta di carta e poi non basta il Mulino Bianco? Ma parliamo di donne, parliamo d'amore, si l’amore. C’è qualche amore in questa storia, c’è qualche donnina, non solo questi due mammalucchi. – Protesta l’uomo mentre allunga le gambe sulla poltrona davanti.

Don Chisciotte, riflettendo tra se e se: - Non ho mai veduto l’incomparabile Dulcinea, né ho mai varcato le soglie del suo palazzo, sono innamorato solo per sentito dire e per la gran fama che ha di bella.-
Poi rivolto alla platea vuota: - Se ve la facessi vedere la bellezza di Dulcinea che sforzo fareste a riconoscere una verità così notoria? La cosa importante è che senza vederla dovreste crederlo, riconoscerlo, affermarlo, giurarlo e difenderlo.-

Ma Dulcinea è un personaggio assente nella storia, l'invenzione di un sogno. E se non esiste per Don Chisciotte ancor meno può esistere per gli altri.
Spettatore cogitabondo:
- Questo don Cosciotto da secoli ha scoperto l'amore virtuale. Prima dei telefonini: un genio..

Nessun limite eccetto il cielo.

Che è l'obiettivo dei geni. Noi che viviamo il tempo come un giro di lancette di un orologio rotto non abbiamo confini se non il nostro essere uno zero assoluto o quasi.
-Possiamo ancora sperare?-
Come pensava lo spettatore assopito e scomodo sulla poltrona di velluto consumato.

Don Chisciotte: -Dove una porta si serra un’altra se ne apre.-
Spettatore disorientato dal rumore di una porta che si chiude:
-Chi l'ha aperta?-

Don Chisciotte: -  Ah memoria nemica del mio riposo.-
Spettatore nostalgico:
-A volte i ricordi fanno male, è vero. Bisognerebbe fermare il tempo in quell'unico attimo di felicità.-

Don Chisciotte:-  Ieri non è che un sogno e domani è solo una visione, ma ogni giorno ben vissuto rende ogni ieri un sogno di felicità e ogni domani una visione di speranza.-
Spettatore confuso:
-Quest'uomo è un grande.-

Lo spettacolo dura poco perchè il dialogo diventa prima monologo e poi silenzio.
Non sappiamo più dire parole agli altri, non sappiamo più dire parole semplicemente. Forse non sappiamo neppure ascoltare.

Don Chisciotte è un ricordo molesto.

Sancio Panza fa il badante "ad un vecchio pazzo che si crede me".

E noi siamo solo figurine perdute nei suoi sogni.

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