La quercia caduta


di Leo Spanu

Che Luigi Di Maio non sia mai stato una quercia è palese, forse neppure un alberello, al massimo un arbusto per cui cercare di far legna sulla sua caduta è inutile. Ed anche estremamente cattivo. 
Non ho mai avuto nessuna stima del movimento 5 stelle, mi è sempre sembrato un accozzaglia di quaquaraqua; del resto non si può pretendere molto da un ex comico che cerca di far soldi sull’ingenuità altrui. 
In Italia è troppo facile sfruttare il malessere  della popolazione: da troppi anni i vari governi che si sono succeduti non hanno fatto il loro dovere. Riforme mancate, corruzione diffusa, evasione fiscale fuori misura e poi questa totale incapacità di far crescere il paese economicamente e culturalmente, di trovare lavoro per i giovani. Da troppo tempo la classe politica (tutta) ha curato solo i privilegi di una piccola parte della popolazione, i ricchi sono diventati  più ricchi, la piccola borghesia (la classe media) si è impoverita e chi era già povero è diventato ancora più povero. 
Troppe ingiustizie e discriminazioni, perché stupirsi della rabbia della gente?

Il movimento 5 stelle ha preso molti voti alle politiche del 2018 perché ha raccolto l’espressione del malessere e della protesta. Una volta al governo, i pentastellati  hanno però dimostrato una totale incapacità a dare risposte valide ai problemi; ecco quindi che la protesta popolare è andata a gonfiare le vele di Salvini, un furbo demagogo che gioca pesante strizzando l’occhio al fascismo e istigando all’odio razziale. 
Se pensiamo che quasi metà della popolazione non è andata a votare alle europee si capisce che la vittoria della lega è una vittoria “dopata”.

Non credo che di Maio abbia particolari colpe, i suoi limiti culturali sono sempre stati evidenti, lui non ha mai avuto la stoffa dello statista ma oggi, dopo i giorni della gloria, sta diventando vittima del gioco più gradito da sempre dagli italiani: dalle stelle alle stalle  e con ignominia. Giovanni Pascoli scriveva nella poesia” La quercia caduta”:
Dice la gente: or vedo : era pur grande.
Dice la gente: or vedo:  era pur buona.
Ognuno loda, ognuno taglia. A sera
ognuno col suo grave fascio va.
Noi, meno poetici e decisamente più volgari, amiamo pisciare in testa ai “grandi” che cadono in disgrazia.

Il movimento 5 stelle non ha mai avuto nessuna relazione con la democrazia. Un duo alla gatto e la volpe (Grillo-Casaleggio) sta dietro le quinte a stabilire le regole del gioco e poche decine o centinaia di voti sulla rete sono l'alibi per le decisioni, tutte le decisioni.
Oggi sceglieranno  i soliti quattro tastieristi della piattaforma Rousseau se Luigi Di Maio debba essere sacrificato sul rogo del moralismo  a 5 stelle. 
Nessun rispetto delle più elementari norme di democrazia ma, quel che è peggio, neppure nessun rispetto della dignità degli uomini che, nel bene e nel male si mettono, a disposizione di un idea o di un ideale.
Non ho mai amato i fanatismi politici di qualsiasi colore e ancor meno amo il linciaggio dei perdenti. Non so come si concluderà il processo a Di Maio. E’ tipicamente  italiano il principio gattopardesco di trovare una vittima sacrificale per poi lasciare  le cose come sono. 
Non mi è mai piaciuto Luigi Di Maio ma, comunque vada a finire la sua avventura politica, ha la mia solidarietà, di uomo a uomo.

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