Storie di donne comuni: Samia

di Leo Spanu


Samia Jusuf Omar è una ragazza somala di Mogadiscio. Ama correre, è nata per correre. La sua famiglia, povera in  canna, l’ha aiutata a sognare: una marea di fratelli (sei) più piccoli, la madre vende frutta e verdura, il padre è morto ucciso da una bomba, in una delle tanti quasi guerre di quelle zone. La ragazza è minuta e gracile ma ha la resistenza di una gazzella così, il comitato olimpico somalo decide di mandarla alle Olimpiadi di Pechino, nel 2008.
Samia ha 17 anni (è nata nel 1991) e gareggia nella gara dei  metri 1500 piani. Arriva ultima ma cosa importa, che soddisfazione e che meraviglia correre insieme alle più grandi atlete del mondo. 
E poi lei ha portato anche la bandiera del suo paese.
Poi il ritorno alla vita di sempre, una vita difficile. E allora la fuga verso l’Europa ricca e distratta, la speranza di un futuro migliore, un viaggio lungo, faticoso e pieno di rischi e poi quel gommone che dovrebbe attraversare il mare e portarla in Italia.
Ma quella barca è una carretta, troppo  vecchia e troppo leggera per sopportare il peso della speranza di tanti disperati. 
Samia che portava in grembo una nuova vita, sparisce per sempre tra le onde. Il suo sogno è svanito, la sua corsa è finita.

Era il 17 marzo del 2012 quando Samia Jusuf Omar, che aveva compiuto 21 anni due giorni prima, morì annegata insieme ai compagni di viaggio.

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