Avanti popolo.....
Il 26 giugno (fra l’altro data -giorno e mese- della mia
nascita) del 1983 si svolsero le
elezioni per il rinnovo del Parlamento. Il Partito Socialista Italiano (dove io
militavo) ottenne un buon risultato e Giovanni Nonne, leader della sinistra (del
partito) in Sardegna, fu eletto deputato per la prima volta. Così il neo
onorevole decise di festeggiare la sua elezione invitando amici e sostenitori
ad uno “spuntino” tra i boschi del monte di Sant’Antonio di Macomer.
Ora, noi in Sardegna, abbiamo l’abitudine di chiamare monti anche le colline, infatti il monte destinato ad accogliere alcune centinaia (?) di invitati è alto 800 metri ma è ricco di posti incantevoli e di un bosco con molte specie di alberi e angoli meravigliosi dove perdere i bambini.
Ora, noi in Sardegna, abbiamo l’abitudine di chiamare monti anche le colline, infatti il monte destinato ad accogliere alcune centinaia (?) di invitati è alto 800 metri ma è ricco di posti incantevoli e di un bosco con molte specie di alberi e angoli meravigliosi dove perdere i bambini.
Ma di questo ne parliamo dopo.
Nel
frattempo, in una calda giornata di luglio, quando prendere la superstrada (si
fa per dire) 131, più nota come Carlo
Felice (sarebbe più giusta Infelice come
re e come strada) è come attraversare un deserto infuocato, un gruppo di
pastori proveniente da Fonni (paese di nascita di Giovanni Nonne) occupò il
monte, liberò un vasto spiazzo, accese un fuoco (eterno) e, intorno, come
figure del ballo tondo, sistemarono un
numero indefinito di porcetti ed agnelli
infilati dentro spiedi di ferro, infilzati per terra, a cucinare.
Saranno state
le tre del mattino quando i cuochi si misero al lavoro, perché per questo tipo di cottura al calore (di una
fiamma alla giusta distanza) ci vogliono almeno dodici ore.
Io, unico invitato
da Sorso (facevo parte di una corrente, allora minoritaria a Sassari, che si riuniva nel ristorante di Mesu e Rios, vicino ad Ozieri ma,
scherzosamente, noi dicevamo che sarebbe bastata una cabina telefonica dato che eravamo quattro gatti* ) caricai la
mia macchina con famiglia (moglie e due figli), cibarie e vivande varie per una
trasferta di due settimane perché non si sa mai.
In Sardegna, quando si tratta
di mangiare gratis, avviene regolarmente una specie di miracolo: la
moltiplicazione non del pane e del pesce ma degli invitati. Comunque io mi
portati dietro (con tanto di autorizzazione dall’alto) mia cognata Teresa con
marito e due figli, Salvatore Delogu,
amico e compagno di partito anche lui con famiglia e Giovanni Piras, lo scapolo
del gruppo.
Un’ora di viaggio a finestrini aperti per non soffocare e poi,
finalmente, gli ultimi chilometri su una strada che si arrampicava in mezzo
all’ombra di piante secolari. Alle nove e mezzo il bosco era già pieno di gente
proveniente da tutta la Sardegna. Trovammo uno spiazzo libero e ci accampammo sistemando masserie e carrozzelle: avevamo bambini
piccoli e qualche neonato. Il più grande era mio figlio Marco, otto anni, che riuscì, non so come, a litigare con un
ragazzo molto più grande di lui. Per compensare la differenza di età si buttò
nella mischia anche Salvatore, quasi quattro anni, figlio di Teresa.
Il ragazzotto sospese
la “rissa” quando cominciò a sentire
pugni e calci dalle ginocchia in giù: abbassando lo sguardo vide che c’era un
affarino che picchiava con la grinta di Cassius Clay.
Il ragazzo si mise a
ridere e tutto finì in allegria. Nord Sardegna batte Sud Sardegna due (piccoli) a uno (grande).
Paola, mia figlia,
cinque anni da compiere, si perse nella tarda mattinata. Tra alberi e cespugli
ovunque, qualche migliaio di persone (molti portoghesi e troppi bambini) ci
volle mezz’ora prima di ritrovare la bimba tranquillamente in braccio ad un signore con moglie a fianco
che giocavano felici e contenti.
- Vi stavamo
cercando- mi disse la signora- ma se non vi avessimo trovato ce la saremmo
tenuta. Questa bimba è un amore. Siete sicuri di essere i genitori ?”-
Mia
moglie non rispose ma aveva la stessa espressione di Giove Pluvio quando sta per scagliare fulmini e
saette.
La mattinata trascorse veloce tra qualche chiacchierata
interrotta dai bambini che rompevano, tentativi (a turno) di passeggiata nei
dintorni, saluti a noti e ignoti (-E quello chi era? Ed io che ne so saluta e
sorridi.-) e finalmente venne l’ora del “compagni avanti che si mangia”.
L’assalto fu degno dei
visigoti quando conquistarono
Roma. Non ci fu neppure bisogno di uno squillo di tromba: tutti gli affamati
del terzo mondo si lanciarono su pentoloni pieni di gnocchetti alla campidanese. Qualcuno probabilmente ci finì pure dentro perché poi si videro molte persone vestite con abiti diversi ma di un unico colore rosso sugo di pomodoro.
Mario, il marito di Teresa si autonominò vivandiere e dopo, uno scontro che
neanche nel Partito Democratico, rientrò alla base con alcuni piatti di plastica pieni di
gnocchi e un dolore allo stinco per un calcio da ignoto concorrente.
Per
fortuna noi sorsensi siamo molto previdenti: latte, pavesini, succhi e pappette
varie per i piccoli e per noi pane, formaggi vari, melanzane in forno (preparate dal giorno
prima), carne e tonno in scatola, salsiccia, salame, prosciutto acqua e vino e birra e pure frutta mista e uva di Sorso, e poi dolci di Sorso (amaretti, cozzuri, casgiaddini e pabassini) e un ciambellone
gigante (mia moglie è una specialista in materia).
Nel bel mezzo del nostro
pranzo si presentò un signore dalla faccia disperata con un bambino piangente
in braccio. Era anche sporco (il
bambino) come se si fosse rotolato a
lungo sull’erba.
-Ho perso lo zainetto con la roba da mangiare per il bambino
ed ora lui ha fame e non so cosa fare. Potete darmi un pezzo di pane?-
-Aggiungi un posto a tavola, anzi due.- Proposta accolta all’unanimità e i due ospiti
si sedettero con noi, nuovi amici.
Finalmente la carne giunse al punto giusto di cottura.
Sempre Mario, strisciando per terra come un indiano, insinuandosi tra le gambe
degli assaltatori di porcetti e a agnelli riuscì a recuperare due bei pezzoni
di carne profumata.
-Bravo! – Gli gridammo in coro- Una vera azione militare.-
Mario sorrise compiaciuto non per niente è un ex ufficiale dei paracadutisti.
La carne era veramente cotta bene, una leccornia, provare per credere! (Ma non era uno slogan per mobili?).
Teresa decise di chiedere un'altra porzione e gli assedianti accampati attorno al muro (di porcetti e
agnelli) la lasciarono passare. Saranno stati i capelli biondi e l’aria
svampita della ragazza ma i pastori sardi sono sempre stati sensibili al fascino
femminile.
Teresa si ritrovò con un bel piatto pieno di carne fumante. Il
problema è che Teresa non ci vede benissimo e allora, per civetteria, si era pure tolta gli occhiali. Così si perse. Vagava come un ninfa tra gli alberi e noi da
lontano a chiamarla per indicarle la strada. Altre voci si alzarono dagli
affamati invitati.
-Teresa siamo qui!.-
- No, Teresa, siamo qui!- Ognuno provava ad attirare l’attenzione
della ragazza, decine di voci come le
sirene di Ulisse. Non per lei ma per mangiarle la carne. Finalmente riuscimmo a
trovarla e a strapparla agli agguati di feroci
cannibali mangiatori di loto. Beh, facciamo di maiale.
Poi verso le sedici arrivò un camion pieno di gelati.
Finalmente c’era stata una pausa, un momento di tranquillità, a parte qualcuno
che a causa del vino abbondante scopriva inusitate qualità canore: invece di
canti alla sarda sembravano tuoni di un
temporale lontano, dei Bom, Bim, Bam Bò!
preoccupanti.
Come si fa a negare un gelato ai pupi? Tutti i padri di
famiglia lottarono con onore per riportare ai figli, un cornetto, uno
zatterone, un cremino. Furono dolori e
stridor di denti ma alla fine ognuno di noi tornò, da cotanta battaglia,
vincitore e con un ricco bottino e pazienza se qualche gelato finì su
pantaloni e maglietta.
Noi fummo tra i primi ad andarcene, verso le 18, 00. La
festa sarebbe continuata ancora con altro vino e canti e danze del folclore
sardo, ma i nostri bambini stavano crollando dalla stanchezza: avevano giocato
e si erano scatenati per tutto il giorno ed ora, sporchi
che sembravano usciti da una miniera, ciondolavano tra le braccia dei
loro ancor più stanchi genitori. La
festa era stata bella ma era ora di rientrare a casa. Si, era stata davvero bella ma che faticaccia. Da
non ripetere.
Infatti alle elezioni successive Giovanni Nonne
decise di invitare gli amici ad un ristorante nella campagna di Alghero.
NOTE
Cozzuri (di sabba). Chiamati anche tiricche sono un tipico dolce pasquale formato da una sfoglia croccante e da un ripieno (pisthiddu) di mosto cotto con bucce d'arancia e mele cotogne (sabba). Possono essere ricoperti con la cappa (il bianco dell'uovo montato con lo zucchero) e poi decorati da "diavolini" colorati.
Casgiaddini. Formagelle. Tortini a base di ricotta o di formaggio fresco. Con o senza uva passa.
* Il gruppo da cabina telefonica era formato da Paolo
Cuccuru, Giacomo Spissu, Franco Borghetto, Pasqualino Porqueddu, lo scrivente e altri occasionalmente e a
piacere. Ci raggiungevano da Cagliari a, turno, Giovanni Nonne e Antonello Cabras.
NOTE
Cozzuri (di sabba). Chiamati anche tiricche sono un tipico dolce pasquale formato da una sfoglia croccante e da un ripieno (pisthiddu) di mosto cotto con bucce d'arancia e mele cotogne (sabba). Possono essere ricoperti con la cappa (il bianco dell'uovo montato con lo zucchero) e poi decorati da "diavolini" colorati.
Casgiaddini. Formagelle. Tortini a base di ricotta o di formaggio fresco. Con o senza uva passa.
😅😂
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