Per conoscere i sorsensi

di Leo Spanu

Per conoscere i sorsensi non servono trattati di psicologia, sociologia, antropologia o altre discipline in gia, basta passare una giornata a Sorso per innamorarsi del paese e dei suoi abitanti oppure odiarlo per sempre. La prima opzione non è frequente, per la seconda nessuno è mai uscito vivo per raccontarlo in giro  e comunque il mio consiglio è di prendere i sorsensi a piccole dosi, come una medicina.
Vediamo come ci raccontano le storielle popolari ( volgarmente barzellette).

Due amici e compari vanno per la prima volta in continente: partenza da Porto Torres, arrivo a Genova. Genova quando piove fa paura anche a Noè e i due sorsensi non fecero in tempo a sbarcare che si ritrovarono bagnati fradici fino alle mutande. Prima tappa d’obbligo il bar, per scaldarsi.
-Ci dia qualcosa di caldo!- ( Dazzi  una cosa caldha!)
Chiesero al barista distratto preoccupato perché forse, a casa, aveva lasciato aperta la finestra del bagno .
-Vi consiglio un bel ponce al mandarino.- Rispose comunque.
-Compare, cos’è questo poncio?- ( Cumpà, cosa è chisthu poncio??
-Ed io che ne so. Basta che scaldi.- ( Cazzu, boh! Bastha ghi ischaldhi.)
Due bicchieri di vetro pieni di un liquido di un bel colore arancione arrivarono fumanti davanti ai due infreddoliti viaggiatori. Il primo, senza  un attimo di esitazione, prese il suo bicchiere e in un sorso solo lo mandò giù.
All’uomo, si accese un vulcano nello stomaco, forse gli uscì il fumo dalle orecchie,  dagli occhi invece gli uscirono lacrimoni più grandi dei goccioloni di pioggia,  fuori.
-Cosa avete compare? Perché state piangendo?- ( Cumpà che abedi? Acchi sedi pignendi?)
-Improvvisamente mi è venuta in mente la mia povera madre. Quanto era buona e bella e quanto mi voleva bene.- ( Cumpà, soggu pinsendi a mamma meia.  Canto era bona e bedda e cantu mi vuria bè)
-Vostra madre era una santa donna. Coraggio compare.- ( Vosthra mamma era una santa.  Curaggiu cumpà.
E così dicendo prese il suo bicchiere e, anche lui, giù tutto in un sorso. Probabilmente l’inferno è meno caldo perché anche a lui, uscirono lacrime in quantità industriale.
-E voi compare, perché state piangendo?- ( Cumpà, acchì sedi pignendi?)
-Stavo pensando a quella gran b. di vostra madre.- ( Era pinsendi a chidda gran bagassa de mamma toia.)
.
La seconda storiella è ancora più significativa. C’è il diavolo che è sempre in giro a imbrogliare la gente con la solita storia dei tre desideri tanto i polli non mancano mai. Figuriamoci se non incontrava un sorsense furbo, di quelli che dicono sempre a tutti: a me  tu non mi fotti.
Comunque le regole del gioco del diavolo sono semplici: puoi chiedere quello  che vuoi, il tuo miglior amico ne avrà sempre il doppio.
Primo desiderio classico: Voglio un miliardo di euro.
Detto e fatto  l’amico si trovò in casa due di miliardi. Maledizione, non è giusto.
Secondo desiderio: voglio la donna più bella del mondo.
Detto e fatto ma all’amico  ne toccarono due.
No, così non si può andare avanti, bisogna trovare una soluzione anche perché è rimasto l’ultimo  desiderio. 
L’uomo  pensò e rimuginò a lungo al punto che il diavolo perse la pazienza :
-Devi scegliere.-
-Voglio perdere un occhio.-
Detto e fatto.

Assurdo? Perchè, in un paese di ciechi un orbo è re.

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