Piccole lezioni d'italiano (5/10): La metrica in generale

di Leo Spanu

Il verso e la rima

Una volta la distinzione tra prosa e poesia era netta: oggi è chiaro che si può fare poesia in molti modi e la forma ha una relativa importanza rispetto ai contenuti. Tuttavia è sempre utile sapere alcune regole, anche se ormai finite nel dimenticatoio. L’arte di fare versi e collegarli fra loro ( si chiama metrica) sembra sia caratteristica solo dei rapper, gli eredi moderni dei poeti di piazza o versificatori improvvisati. Tradizione anch’essa ormai quasi scomparsa, con due, tre poeti pronti a sfidarsi in rima magari su un tema suggerito dal pubblico. In Sardegna esistono ancora queste gare e credo anche in Toscana. E’ una forma d’arte che andrebbe rivalutata.
Tornando alla metrica si tratta di regole che riguardano il verso, la rima, la strofe, il metro e i vari componimenti poetici. In questo articolo tratteremo del verso e della rima.
Il verso, che è una serie di parole regolate da un ritmo, si fonda: 1)sulla posizione degli accenti ritmici ( si, le parole hanno degli accenti anche se troppi lo hanno dimenticato) che quasi sempre coincidono con quelli tonici ( accenti principali delle parole); 2) sul numero delle sillabe; 3) sulla rima, quando c’è.
Per quanto riguarda il numero delle sillabe bisogna tener presente la conformazione delle parole finali che può essere tale che le parole risultino piane, sdrucciole o tronche, cioè con l’accento sulla penultima sillaba o sulla terzultima o sull’ultima. 
Bisogna inoltre porre attenzione alle figure metriche che sono:
La sinalefe. ( dal greco: fusione) Fonde l’ultima vocale di una parola con la prima della parola seguente.
L’iato. (scissione) E’ il contrario della sinalefe.
La dieresi.  Si ha quando la fusione non avviene tra due vocali nella stessa parola.
La sineresi ( dal greco: contrazione) Riunisce due sillabe che non formino dittongo, in una sillaba sola.
Naturalmente queste figure sono praticamente scomparse dalla lingua moderna. Per trovarne l’applicazione bisogna rifarsi alla Divina Commedia di Dante che oltre ad essere il capolavoro che tutti (sic!) conosciamo è un concentrato di regole e di norme.

I versi prendono il loro nome dal numero delle sillabe, Anche in questo caso si tratta di abitudini desuete anche se molti poeti si divertono ad esercitarsi nelle varie forme di composizioni. E’ un bel gioco. Noi ci limiteremo ad una veloce citazione.  Il verso può essere:
ternario o trisillabo, quaternario, quinario, senario ( doppio del trisillabo), settenario, ottonario ( doppio del quaternario), novenario,decasillabo, endecasillabo, dodecasillabo, settenario doppio, ottonario.
Alcuni esempi.
Settenario. L’albero a cui tendevi/ la pargoletta mano. Carducci, Pianto antico
Endecassilabo. Che la diritta via avea smarrito. Dante ( Inferno  I,3). Una curiosità:  gli accenti cadono sulla 6° e sulla 10° sillaba.
Settenario doppio ( chiamato anche alessandrino). Rosa fresca aulentissima, ch’appari inver l’estate. Cielo d’Alcamo, poeta siciliano del XIII secolo

La rima viene definita come “ piena identità di due o più parole, a cominciare dall’accento tonico ( classici amore, dolore). Se l’identità non è piena,  ma tra la vocale tonica e la vocale finale differiscono una o più consonanti, si ha l’assonanza, tipica nelle canzoni di oggi. Vi sono vari tipi di rima. Sinteticamente.
Equivoca. Parole uguali ma di diverso significato ( amare verbo e amare, plurale femminile di amaro).  
Composta. Si ottiene rimando parole, di solito monosillabiche, con una parola sola dello stesso suono ( oncia e non ci ha. Dante, Inferno.)
Univoca. Quando si ripete in rima la stessa parola.
Rimalmezzo.E’ tra una parola alla fine di un verso e una in mezzo ad un altro verso.
Baciata o accopiata. E’ la più utilizzata e lega due versi vicini ( schema: AA).
Abbracciata o incrociata. Lega il primo verso col quarto e il secondo col terzo ( schema: ABBA).
Alternata. Lega il primo verso col terzo e il secondo col quarto ( schema: ABAB).
Incatenata. In una serie di terzine, lega il primo verso col terzo, il secondo col primo e il terzo della terzina seguente, il quinto a sua volta col settimo e il nono della terzina seguente. Complicato vero? Niente paura, lo utilizzava solo Dante  nella Divina Commedia. Comunque lo schema è:  ABACBC.

Personalmente io aggiungerei anche la rima rap, anche perchè rappresenta una nuova forma di espressione con temi alternativi, Ma ne parleremo nell'articolo sui generi letterari.

Per non dare l'idea che questa lezione sia stata troppo seriosa ecco un altro sonetto di Carlo Porta.

Signora Caterinetta, tra le belle cosette
che ci fa intorno e che le fanno onore,
c'è quel paio di chiappe e quelle due tette
che son degne di guarnire un letto da imperatore.

Oh che tette! Oh che chiappe plusquam perfette!
collegate ad una ad una da sole,
salde al loro posto senza cinture, senza farsetti,
colme, che paion fatte da un tornitore.

Per me sono qui a giocarci il mio salario
che muove più uccelli lei col guardare
che le altre donne col metterla all'aria.

Basta dire che io stesso delle volte arrivo
a cercarlo mezz'ora se devo pisciare
e l'ho dritto e duro adesso che scrivo.

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