La meglio gioventù

La meglio gioventù

di Leo Spanu


Un poco ubriachi cantano, alla mattina presto,
coi fazzoletti rossi stretti intorno alla gola,
poi comandano rauchi quattro litri di vino
e caffè per le ragazze, che ormai tacciono piangendo.
Venite, treni, caricate questi giovani che cantano
coi loro blusoni inglesi e le magliette bianche.
Venite, treni, portate lontano la gioventù
a cercare per il mondo ciò che qui è perduto.
Portate, treni, per il mondo a non ridere mai più,
questi allegri ragazzi scacciati dal paese.

Questa poesia scritta da Pier Paolo Pasolini nel 1954 racconta di un gruppo di ragazzi in procinto di partire per l’estero in cerca di lavoro ma, come spesso capita ai poeti, ai veri poeti, le loro parole vanno oltre il fatto contingente che le ha ispirate e finiscono col diventare un messaggio universale pieno di nuovi significati e di emozioni  che resistono nel tempo.

Ho riletto questi versi, dopo tanti anni, sulla spinta di una notizia che mi ha profondamente colpito: la morte di sette ragazze italiane in un incidente stradale in Spagna. Un fatto di cronaca triste come tanti altri che ogni giorno i mass media ci scaricano addosso tra una pubblicità e l’altra cercando di spremere anche l’ultima goccia della nostra perduta umanità. E’ un tema questo che ritorna spesso nelle mie riflessioni perché odio tutta la retorica che ci costringe ogni giorno a versare lacrime a comando, ad applaudire commossi per questo e per quel fatto doloroso. Ogni tanto una pausa per la pubblicità, due minuti o tre secondo il numero degli sponsor poi si continua con un nuovo dolore. Abbiamo il tempo diviso dieci minuti a disgrazia, poi alla sera col nostro carico di sofferenze imposte possiamo  andare a letto contenti perchè anche oggi siamo stati buoni.

Ormai il caffè è freddo per quelle ragazze che tacciono. Ormai non piangono più e forse non hanno mai pianto perché nei loro dolci sorrisi c’era l' allegria. Non erano come i ragazzi della poesia costretti a partire alla ricerca di un lavoro spesso duro e faticoso per sfuggire alla miseria del loro paese. Non erano come i migranti di oggi che fuggono dalla guerra e vengono fermati da muri di filo spinato. No, quelle ragazze si trovavano all’estero per una scelta volontaria di studio e di vita. La loro giovinezza era serena magari i problemi sarebbero arrivati in seguito. Così si sono addormentate nel pullman  dopo una notte di festa senza pensare alle cose da fare l’indomani. A vent’anni  non hai tempo  di pensare alla morte, c’è tanto da vivere e da sognare.
Noi invece siamo qui a cercare nel mondo ciò che abbiamo perduto. Non abbiamo più parole e forse non riusciamo più a piangere. Quei ragazzi un po’ ubriachi del 1954, quei ragazzi aggrappati a recinzioni d’acciaio, quelle ragazze che sorridono  dalle loro fotografie sono ciò che abbiamo perso e che continuiamo a perdere. Sono la nostra meglio gioventù.


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