Vedo nudo
Vedo nudo
di Leo Spanu
Se l’America è il paese delle grandi opportunità, l’Italia è
il paese delle grandi discussioni: inutili.
Dopo le polemiche secolari sul peso
dell’aria fritta e sul possibile inventore dell’acqua calda, oggi ci stiamo agitando
su quanti stronzi ci stanno nel Circo Massimo a Roma; anche due milioni se
inscatolati bene. Ieri invece ci siamo scandalizzati sulle nudità di un paio di
statue di marmo coperte dal compensato e delle dimensioni da nascondere ( forse per evitare spiacevoli paragoni) di
un cavallo superdotato. Quest’ultima
polemica mi ha divertito e depresso inieme perché
ha messo in evidenza la vasta e multiforme cultura del popolo italico che, come
si dice al mio paese, è nato già “imparato”. Non basterebbero tutti i volumi della
Treccani per raccogliere il meglio di tanta sapienza. Il massimo è stato
qualche anno fa , quando due piacevoli
fanciulle con laurea (massimo del voti!)
incorporata, in uno dei tanti quiz televisivi, trasferirono la Cappella Sistina
a Firenze, ma non dispero di sentire altre incredibili perle, anche perché oggi
una laurea non si nega a nessuno. Per tornare alla Cappella Sistina e al tema
del nostro articolo, la tentazione di “rivestire gli ignudi” risale a tempi
storici, e non per “pietas” cristiana ma
per semplice bigotteria. Un esempio (clamoroso) fra i tanti fu la copertura di
molti nudi del Giudizio Universale di Michelangelo. Alla morte del grande
artista fu emessa una legge che
autorizzò il pittore Daniele da Volterra (allievo di Michelangelo) a rivestire
con drappeggi e braghe diversi
personaggi dell’affresco. Così Daniele da Volterra è conosciuto nella storia
dell’arte come “il Braghettone”. Giusta punizione per aver “ tradito il suo
maestro”. In tempi moderni la “pruderie”
ha prodotto invece episodi meno eclatanti: il giovane deputato Oscar Luigi Scalfaro,
futuro presidente della repubblica italiana, nel 1950 schiaffeggiò un giovane
signora che esibiva sfacciatamente un notevole decolletè. L’episodio, noto come il
caso del prendisole, che ha in realtà varie versioni, ebbe ripercussioni varie tra querele e sfide a duello. Poi tutto finì per
prescrizione. Certo che i due fatti narrati sono agli antipodi, come valore
storico, ma la causa è unica: c’è troppa gente che quando “vede nudo” va fuori
di testa salvo poi nel privato diventare dei veri maiali. Ma la storia
dell’umanità è anche storia di "mutandamenti" e "smutandamenti". Andando a ritroso
nel tempo credo che l’ultima vestizione risalga a prima della seconda guerra
mondiale. Mia nonna ( e tutte le donne
della sua generazione) non usava le mutande e questo fatto portava dei notevoli vantaggi quale quello di poter
pisciare stando in piedi. Del resto secondo alcune disposizioni della chiesa
cattolica, lo strofinio della stoffa sulle pudenda poteva provocare pensieri
impuri quindi via libera a “ peccati”
contro la morale. In realtà le mutande sono sempre state un indumento maschile
e solo occasionalmente venivano utilizzate dalle donne, spesso prostitute che
ne facevano uno strumento di lavoro. Solo nell’800 questo indumento, attraverso
varie trasformazioni, diventò elemento
fisso dell’abbigliamento femminile. Prima
era la camicia l’indumento intimo
femminile per eccellenza. Indumento che, in qualche periodo storico (anche
recente) non veniva mai tolto neanche
per i doveri coniugali. Infatti gli uomini di grande rigore morale si vantavano
di non aver mai visto la propria moglie nuda. Da qui la famosa battuta sulla
camicia “col buco” e con la scritta: non lo fo per piacer mio ma perché fa piacere a Dio. Anatema quindi alle
donne lussuriose che rispondevano con: non
lo fo per il bebè ma perché piace
tanto a me. Ma sto divagando e
rischio di andare fuori tema; in realtà
il nudo è sempre stato un elemento portante dell’arte in ogni paese del mondo.
Cambia solo il modo di rappresentarlo in base alla cultura del luogo e alle
resistenze della religione. Nel mondo occidentale il nudo, sia femminile che
maschile, è stato rappresentato sempre come racconto tratto dalla Bibbia e dai
miti greci. Il ricco nobile, interessato all’erotismo o che, più semplicemente,
voleva avere in casa un ritratto
dell’amante, la faceva dipingere come Venere o altra eroina. Del resto un’interpretazione delle opere
d’arte fuori dagli schemi classici
porterebbe a conclusioni clamorose e distanti dalla critica tradizionale. La Venere di Urbino di Tiziano è
semplicemente una bella donna che si sta trastullando con la sua cosina mentre attende l'arrivo dell’amante . Per tornare alla realtà quotidiana fatta di
donne vere e non di divinità ed eroine, dobbiamo aspettare il 1800 quando nei
nudi appaiono finalmente mogli, amanti, ballerine,
donne del popolo, prostitute. Tutte donne vere, dalle ragazzone in carne di Renoir alle fanciulle anoressiche
e tristi di Schiele.
A seguire alcune immagini, una piccola selezione data la
vastità delle opere.
Tamara de Lempicka (1998-1980) La bella Raffaella
Oskar Kokooschka (1886-1980) Nudo inclinato
Antonio Donghi (1897-1963) Nudo allo specchio
Stanley Spencer (1881-1959 Nudo
Balthus ( Balthasar Klossowiski de Rola 1908-2001) Alice allo specchio
Fernando Botero (1932) Odalisca
Marc Chagall (1887-1985) Nudo rosso
Jean Baptiste Corot (1796-1875) Marietta
Gustave Courbet (1819-1877) Donna con le calze bianche
Federico Giandomeneghi (1841-1917) La toilette
Lucian Freud (1922-2011) Rose
Salvator Dalì (1804-1989) Nudo di schiena
Giorgio De Chirico (1888-1978) Nudo sulla spiaggia
Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901) Il letto
Felice Casorati (1883-1967) La donna e l'armatura
Edgar Degas (1834-1917)
Lovis Corinth (1858-1925) Nudo
Renato Guttuso (1911-1879) Nudo di donna
Amedeo Modigliani (1884-1920) Nudo rosso
Edouard Manet (1832-1883) Olimpia
Pablo Picasso (1881-1973) Nudo blu
Pierre Puvis de Chavannes (1824-1898) Speranza
Edvard Munch (1863-1943) Pubertà
Pierre Auguste Renoir (1841-1919) Bagnante seduta
Vincent Van Gogh (1853-1890) Nudo sdraiato
Suzanne Valadon (1865-1938)
Egon Schiele (1890-1918) Nudo disteso
Vito d'Ancona (1825-1884) Odalisca
Felix Vallotton (1865-19259 Bagnante sulla roccia
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