Storie di donne e di poesia 2

Storie di donne e di poesia 2: Artemisia Gentileschi (Roma 1593- Napoli 1652)
di Leo Spanu
E’ probabilmente la più grande pittrice italiana e di sicuro una tra le protagoniste della storia dell’arte europea ma la sua storia personale, una vera e propria telenovela, ha  messo in ombra  le sue notevoli qualità artistiche, facendola diventare, nel  1900, un’icona e un simbolo del femminismo più esagitato.  Infatti  Artemisia Gentileschi  è stata protagonista del primo processo per stupro della storia. Vi sono molte versioni contrastanti sui fatti accaduti  ed anche una ricca documentazione processuale ma la realtà è, come spesso accade, molto semplice. Il pittore Agostino Sassi, amico del padre di Artemisia nonché docente della stessa, prima violenta e poi inganna la giovane donna con promesse varie fino a quando Artemisia non racconta tutto al padre. Il processo, svoltosi nel 1611, si svolge secondo le regole del tempo. Artemisia per sostenere l’accusa  deve accettare la prova della tortura ( schiacciamento dei pollici) col rischio ( a parte il dolore!)  di rovinarsi per sempre la carriera di pittrice ma vince il processo ( cosa alquanto rara per una donna) e  Agostino Tassi viene  condannato anche se sconta in carcere solo otto mesi.  In realtà a pagare il peso maggiore di quel processo fu Artemisia, costretta ad emigrare a Firenze e a cercare un matrimonio riparatore con un certo Pierantonio Stiattesi, un pittore conosciuto all’Accademia del Disegno. Il Tassi invece non ebbe grandi problemi, la sua bottega era molto frequentata e la sua reputazione artistica piuttosto alta. Che l’uomo avesse nel suo curriculum anche una serie infinita di denunce, dallo stupro all’incesto ( con la sorella della moglie), alla sodomia, al furto, alle truffe, ai debiti e, sembra pure, all’omicidio è secondario. Il peso dell’”infamia “ ricade sempre sulla donna “tentatrice e meretrice”.
Ma Artemisia era un’artista di grande talento. Prima e unica femmina di sei figli fu istruita dal padre Orazio, pittore alquanto noto, fin dalla tenerissima età alla pittura. In quel periodo storico Roma è una fucina di artisti e la giovane Artemisia ha la possibilità di osservare da vicino le opere di autori come il Caravaggio (Michelangelo Merisi), Annibale Carracci, Guido Reni e il Domenichino (Domenico Zampieri). Per una donna non è facile intraprendere la carriera artistica, infatti non può frequentare le scuole ufficiali e certe attività sono riservate solo agli uomini . Malgrado le spinte progressiste di molti intellettuali che rimettono in discussioni teorie e logiche consolidate (uno fra tutti Galileo Galilei)  le resistenze della Chiesa a qualsiasi forma di rinnovamento della società sono molto forti. Tommaso Campanella (1568-1639) è costretto ad anni di carcere mentre Giordano Bruno (1548-1600) è bruciato come eretico in Campo dei Fiori a Roma.
Alle donne non è concesso dipingere soggetti  religiosi, quindi nessun incarico per quadri e  affreschi nelle chiese e nei luoghi di culto, così Artemisia si dedica ai temi classici della Bibbia, rivisitandoli secondo la sua sensibilità. Ma la sua pittura che risente dell’influenza  del Caravaggio, trasuda violenza ed erotismo che colpiscono e la rendono subito famosa.
Nel suo dipinto più noto, Giuditta ed Oloferne (tema che l’artista riprende in varie versioni) il realismo della scena è probabilmente legato al desiderio di rivincita per le violenze subite e anche di vendetta nei riguardi di chi ha abusato di lei. Così Giuditta  è la stessa Artemisia  che taglia la testa ad Agostino-Oloferne.
Intanto la fama  di Artemisia cresce; a Firenze viene ammessa alla prestigiosa accademia delle Arti e del Disegno ed è la prima donna che ottiene questo onore.    I suoi continui spostamenti la porteranno a Genova, a Venezia  poi ancora a Roma, a Napoli e a Londra  ad assistere il padre ormai anziano e malato. Il successo la porta ad essere ricercata da tutte le principali corti europee. I suoi contatti culturali e artistici sono di altissimo livello: Galileo Galilei, Antonio Van Dick, Diego Velasquez.
Artemisia è una bellissima donna e questo non l’aiuta certo nella sua attività artistica. Certi luoghi comuni vengono da molto lontano,  si mormora che abbia molti amanti anche se la storia più importante è quella col musicista Nicolas Lanier, probabile padre naturale  della figlia Francesca.  Anche il rapporto col padre Orazio è ambiguo. Essere donna e pittrice in una società ultra maschilista e conservatrice è un ruolo difficile da sostenere malgrado Artemisia sia una donna forte e indipendente e abituata a lottare.  Quando   morirà sola e abbandonata da tutti anche la critica si dimenticherà di lei. Bisognerà aspettare il 1916 quando  Roberto Longhi riscoprirà il talento di questa grande artista e la collocherà nel giusto posto che merita nella storia dell’arte.
NOTE. La vita, molto romanzata, di Artemisia Gentileschi è stata raccontata da molti scrittori. Le sue opere si trovano nei principali musei italiani ed europei.
Dagli atti processuali la testimonianza di Artemisia.
“ Serrò la camera a chiave e dopo serrata mi buttò sulla sponda del letto dandomi con una mano sul petto, mi mise un ginocchio tra le cosce ch’io non potessi  serrarle et alzatomi li panni, che ci fece grandissima fatiga per alzarmeli, mi mise una mano con un fazzoletto alla gola et alla bocca acciò non gridassi e le mani quali prima mi teneva con l’altra mano li le lasciò, havendo esso prima messo tutti doi li ginocchi tra le mie gambe et appuntendomi il membro alla natura cominciò a spingere e lo mise dentro. E li sgraffignai il viso e li strappai li capelli et avanti che lo mettesse dentro anco gli detti una stretta al membro che gli ne levai anco un pezzo di carne.”



Giuditta ed Oloferne

Articolo pubblicato  sul Corriere Turritano nr.3 Marzo 2015

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