Se io fossi fuoco

Se io fossi fuoco

di Leo Spanu



Cecco Angiolieri (1260-1312) poeta contemporaneo ed amico di Dante si è ritagliato un posto fisso nella storia della letteratura per un solo sonetto (in realtà ne esistono oltre un centinaio più o meno dimenticati): S’i’fosse foco.  Fabrizio De Andrè lo mise in musica ricavandone una ballata molto gradevole. Ma in questa sede niente critica letteraria solo cronaca o racconto di “un’incazzatura” a 360 gradi. Chi, almeno una volta nella vita, non ha provato quella sgradevole sensazione che, partendo lentamente da un giramento degli allegati e salendo progressivamente fino a raggiungere la velocità della luce, ci ha portato a pensieri non proprio benevoli  nei confronti del  genere umano. Cecco Angiolieri, esprime in maniera chiara e decisa quello stato d’animo ; nessuna ipocrisia e nessun buonismo. Cecco non era certo un uomo modello, uno da prendere ad esempio; una vita sregolata, processi a non finire, il patrimonio della (ricca) famiglia dilapidato al punto di morire in miseria lasciando ai figli solo debiti e amore ( e forse neppure quello). Personaggio spregevole quanto volete ma la sua dichiarazione “d’amore” verso l’universo mondo può essere considerata la prima vera forma di contestazione globale, un monumento dell’anarchismo totale, la bibbia dell’incazzato assoluto.

Mi fa impazzire quel “ a tutti mozzerei lo capo a tondo”.
Giuro che sono una persona pacifica; niente mi è più estranea della violenza,  qualsiasi forma di violenza, ma in certi momenti mi viene un dubbio e poi altri dubbi che... magari se un piccolo (meglio grande) incidente capitasse a certi soggetti che non si sa a quale titolo fanno parte del genere umano, non sarebbe un gran male. Forse esagero ma voglio ricordare che Qualcuno, una volta, mandò un diluvio universale. Ci sarà stata una ragione. Io mi limito a segnalare che ci sono troppe persone che sembrano nate solo ed esclusivamente per rompere le scatole agli altri e questo sarebbe niente. Ma che dire di tutti quelli, e sono tanti, che sembrano esistere solo per procurare dolore e sofferenza agli altri ( per gli esempi basta guardarsi intorno).
La storia di ieri e anche quella di oggi è una storia di morte. La cultura, la scienza, la tecnologia, la religione non hanno modificato di una virgola  la morale di troppa gente.
Mors tua vita mea è da sempre il nostro undicesimo comandamento, quello più rispettato, anche quando il dolore degli altri non ci porta nessun vantaggio.

Ma per tornare al nostro poeta furioso, in un sonetto autobiografico, Cecco dice di se:  Tre cose solamente mi son’  grado…/ ciò è la donna, la taverna  e ‘ l dado. (Traduzione: tre cose mi piacciono, le donne, il vino, il gioco).

E allora basta con le tristezze e le malinconie. Ci conviene andare in una delle tante taverne fiorentine insieme al nostro amico Cecco per dimenticare gli affanni e i dispiaceri della vita e tu, oste della malora, portaci un litro di quello buono, rosso mi raccomando che oggi ci pigliamo una sbronza e dopo diamo fuoco al mondo. Poi quando è bello cotto lo affoghiamo, acqua a catinelle, magari ci pisciamo pure sopra. 
Cosa ne dici di soffiarci anche un pò di vento, magari quello che ci esce dal culo. Aggiudicato. 
Certo che se io fossi Dio  spedirei in fondo all’inferno questo mondo che non mi piace. 
Io invece vorrei essere  papa;  sai che divertimento mettere nei guai tutti i cristiani. 
No, amico mio, meglio essere imperatore, così li decapitiamo tutti gli stronzi che ci avvelenano la vita.  
E di tuo padre e di tua madre, cosa ne pensi ? Morti anche loro, in fondo siamo solo frutto di pochi minuti del loro piacere. 
Ma se io fossi Cecco Angiolieri !!? 
Ma io sono Cecco Angiolieri ! ( Ma quanto abbiamo bevuto stasera?) 
Sai allora che farei veramente? Mi tromberei tutte le donne belle e agli altri lascerei solo le vecchie e racchie. 

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