Sorso (quasi) in ordine alfabetico

 di Leo Spanu

La Nuova Sardegna è uno strano giornale, pubblicato a Sassari sembra  avere poca considerazione per il territorio in cui è nato; a parte lo spazio esagerato dedicato ad altre zone della Sardegna (centro sud) una volta pubblicava una pagina in lingua sarda. Operazione benemerita ma da queste parti si parla il sassarese che è una lingua nobile come le altre lingue sarde e non un dialetto. Ma dove le prestazioni del giornale si esaltano è quando si tratta di parlare male, anzi malissimo, di Sorso. Ogni volta che c'è una notizia negativa, piccola o grande non importa, titoloni da prima pagina. Ma si può sapere cosa  vi abbiamo fatto noi sorsensi ai giornalisti de La Nuova Sardegna?  Non è che, per dirla con quel burlone di Roberto Benigni, qualche "sussincu maccu" (sorsense scemo) vi ha ammazzato il gatto e trombato la nonna?

L'ultima sparata è stata sulla macchina a tre ruote che è andata al supermercato a fare la spesa. Ho raccontato anch'io (a modo mio) la storia perchè noi sorsensi siamo i primi a fare dell'ironia sui nostri difetti  ma lo facciamo perchè ci piace scherzare e amiamo ridere. Di certo non lo facciamo da stronzi.

Comunque per raccontare qualcosa di noi, ripropongo un mio vecchio articolo dell'ottobre del 2019. Con allegria. E tanti cordiali saluti (senza ironia questa volta) a tutto il personale della Nuova Sardegna: ci hanno lavorato tanti amici e tante persone di valore.

"L'articolo è un pò lungo; potete leggerlo o uscire a fare una passeggiata. Non mi offendo.

Sorso (quasi) in ordine alfabetico

A come Asino. Un tempo era un animale utilizzato dai contadini (ricchi) per il trasporto di prodotti della campagna. Una volta all’anno si faceva la corsa degli asini ed erano botte da orbi (col frustino) tra i fantini. La corsa era talmente partecipata che uomini e animali si muovevano a stento tra la folla; infatti i colpi di frustino non risparmiavano nessuno, neanche il pubblico di tifosi. Poi arrivò la civiltà e sparirono contadini e asini. L’ultimo asino  è di qualche decennio fa, nel vicino comune di Sennori  (seicento metri di distanza da casa mia). Un giorno caricarono il parroco (leggermente antipatico alla popolazione) sopra un asino e lo mandarono a quel paese. 

Da allora non si è più visto nessuno dei due.

B come Billellera. E’ il nome della nostra fontana maggiore (le altre non esistono più perché demolite), un monumento che io raccomando all’attenzione dell’Unesco per l’importanza mondiale della sua storia. Si dice infatti che a berne l’acqua si diventi pazzi o peggio scemi. Essere pazzi non dovrebbe essere un difetto in un mondo di persone sane  ma diventare scemi per qualche bicchiere d’acqua mi sembra un grande vantaggio in una società di imbecilli congeniti. Il disturbo alla meningi sarebbe provocato dalla pianta dell’elleboro che nel medioevo veniva utilizzata per curare l’epilessia (secondo le conoscenze dell’epoca considerata una forma di pazzia). Purtroppo da tempo, negli ultimi decenni,  nessuno beve più l’acqua della Billellara, e si vede dai comportamenti delle nuove generazioni sempre più  omogenee al sistema. Oggi tutti sani di mente e perfettamente uguali tra loro come i chicchi di riso in un piatto. Niente più dolce follia.

E pensare che  un antico proverbio  dice: Lu più maccu di Sossu po’ fà lu sindaco di Sassari  (il più scemo di Sorso può fare il sindaco di Sassari). Allora nessuno di Sorso avrebbe  mai fatto  il sindaco di Sassari per nessuna ragione. E questa voi la chiamate pazzia?

C come Cazzoni. No, non si tratta di un membro virile di grandi dimensioni ma semplicemente la traduzione in dialetto della parola pantaloni o calzoni. (Gli equivoci  che può provocare il cambio di una consonante!). E’ vero che il contenente non risponde del contenuto ma è anche vero che talvolta il contenuto non è all’altezza del contenente. Se qualcuno non ha capito il senso è autorizzato ad andare in continente e farselo spiegare. Poi me lo riferisce

Per stare nei paraggi dei pantaloni lo sapete che c’è un pesce  che si chiama Cazzu di re?

D come Diddigheddu. E’ un diminutivo della parola diddu (dito) per indicare il mignolo. Il pollice si chiama invece diddumannu di ra manu (dito grande della mano) per distinguerlo da diddumannu di ru pedi (dito grande del piede) cioè l’alluce. Questo dimostra la pignoleria e la precisione dei sorsensi nel definire cose e concetti.  In altre località del continente, abitate da gente barbara, si dice:  la luce e polluce. Castore era fratello di Polluce ma abitava fuori mano.

E come Essere o benessere. Se Shakespeare fosse nato a Sorso il famoso monologo (essere o non essere) sarebbe stato modificato in senso consumistico. Il concetto di “avere” del sorsense tipico, rassomiglia molto a quello di mastro don Gesualdo quando poco prima di morire gridava: roba mia vientene con me!

Da noi quando le campagne avevano valore ogni volta che qualcuno arava la vigna, l’oliveto o l’orto entrava appena appena nel terreno del vicino per rubarne una striscia. E’ per questa ragione storica che nacquero le recinzioni di fichi d’India. In altre zone preferiscono i muretti a secco perché non ti pungi, specie  se devi sparare a qualcuno.

F come Fontana. In realtà ne avevamo due: la più “brutta” (Billellara) ce la siamo tenuta, l’altra (Rosello) l’abbiamo prestata ai Sassaresi che non facevano altro che chiedere e chiedere, dalle verdure (finocchi, cavoli, patate, pomodori)  alla frutta ,al vino, all’olio. Gli “odiati cugini” si rifiutarono  di restituire la fontana e allora i sorsensi (sussinchi) andarono armati con corde fatte con la palma nana (utilizzate in genere per impagliare sedie) ad imbragare la fontana per riportarla indietro. Giunsero allora gli abitanti di Montelepre e Monterosello, due quartieri “bene” della città e, dopo essersi fatti prestare le corde dai sussinchi, legarono a loro volta la fontana e cominciarono a tirare dalla parte opposta. In questa gara di tiro alla fune  tra “sussinchi macchi” e “sassaresi bucarotti “ vinsero i sassaresi perché erano di più. Di quell’epica battaglia è rimasta nella memoria una ballata. Alcuni versi:

Tira chi ti  tostha chi Ruseddu  si n’ accostha (Sorso: tira che si sposta che Rosello si accosta )

Tira chi ti tira chi Ruseddu si zi stira  (Sassari: tira che a forza di tirare che Rosello si allontana)

G come G. Giuro che con questa lettera non so che dire. Infatti è il quasi del titolo. Probabilmente è anche la ragione vera dell’essere di Sorso. In effetti  nessuno, tranne pochi fortunati, è quello che vuole essere e tantomeno sceglie il posto dove venire al mondo. Allora il tuo paese, le tue radici diventano le persone che ami, le esperienze fatte e tutte le persone che hai conosciuto magari per poco ma ti hanno regalato un pensiero o un sorriso. A tutti coloro che mi hanno insegnato a vivere si può restituire una parola ormai sempre meno usata : Grazie.

H come H. Da noi non si usa quasi più, specie con il verbo avere però, a volte viene messo nel posto sbagliato. Esempio: Ho! Cazzu! Forse la h davanti invece che dietro valorizza il senso di sorpresa.

I come Ironia. L’ironia e in particolare l’autoironia sono un’espressione d’intelligenza. A Sorso ne abbondiamo (di ironia) perché metà della popolazione ne è sprovvista quindi l’altra metà raddoppia. Piccolo aneddoto.

In tempi preistorici, meno di un secolo fa, il professore Pasquale  Marginesu (sorsense DOC) Magnifico Rettore dell’università di Sassari, permise ad alcuni giovani compaesani di laurearsi in medicina a condizione di non praticare la professione. Solo uno non mantenne la promessa mentre gli altri si dedicarono ad altre attività. Tra questi ultimi, uno appena laureato, venne chiamato a fare il servizio militare di leva  come ufficiale medico, Tutto funzionava bene fino a quando, un giorno che dirvi non so, portarono in infermeria un soldato ferito leggermente ma che sanguinava come una fontana (le fontane sono una costante nella storia di Sorso). Il nostro compaesano buttò uno sguardo al ferito e, mettendosi le mani nei capelli,  urlò: Mamma mia! Qui ci vuole un dottore.

L come Leo. Sono io e sono un sorsense atipico. Sono nato presso il fiume Silis (Sorso) poi sono cresciuto  vicino al fiume Sile (Treviso). Credo che entrambi i nomi derivino dal latino “silens” (silenzioso).  E’ una coincidenza strana ma piacevole. Ho sempre amato i miei giorni silenziosi, quando da bambino, in estate, mi sdraiavo sulla riva del Sile, sull’erba all’ombra dei salici, e guardavo il fiume scorrere così lentamente che sembrava fermo.  Rimpiango quei momenti di pace. Poi ho dovuto imparare a parlare per difendermi.

Il fiume di Brescia si chiama Mella ma questa è un’altra storia.

M come Maccu. Nel teatro romano (vedi Plauto)  Maccus (sciocco) rappresentava il popolano irriverente, quello che scoreggiava al potere  ma non veniva punito perché era scemo.  Dicono gli altri della gente di Sorso: “sussincu maccu”. Già, come una volpe.

N come Noli me Tollere (Non mi toccare). E’ la nostra Madonnina. Ho scritto anch’io qualche articolo sull’argomento ma ci sono una paio di libri di autori locali (Vanna Pina Delogu, Gian Paolo Ortu) molto più ricchi di notizie e di informazioni. Io in questa sede mi limiterò ad evidenziare il senso di “possesso” dei miei compaesani nei riguardi della Madonna di Noli me Tollere. Gelosi al punto di non gradire la devozione di  persone provenienti da altre località, non hanno mai pubblicizzato questa Madonna che, per la chiesa cattolica, è parificata a quella di Fatima e di Lourdes. La differenza è che l’apparizione della Madonna di Sorso è molto più antica, risale ad oltre 800 anni fa. Altri paesi ne avrebbero fatto un’occasione di guadagni e profitti. Ma forse noi sorsensi, senza saperlo o senza volerlo, siamo gli unici che seguiamo  un ordine di Gesù Cristo: Via i mercanti dal tempio.

O come Occhi. "Amore ha cent’occhi" è il titolo di una romanzo di Salvatore Farina(1846-1918) il più importante e, purtroppo, dimenticato scrittore sorsense. Ci sono molti elementi che mi legano a questo compaesano,  a cominciare dal mio anno di nascita (1946), cento anni dopo e i vagabondaggi per l’Italia. Voglio riportare quanto scritto  in quarta di copertina del romanzo (a cura di Dino Manca. Edizioni Condaghes 1997).

“ Che io potessi scrivere un romanzo sulla Sardegna. conoscendola male, certo era difficilissimo, non impossibile. Purchè mi aiutassero le stelle, mi tornassero bene in mente i primi anni vissuti a Nuoro, rifiorissero nel mio cervello i palmizi della mia marina, i cardi delle tanche,...  e altro mi si affacciasse alla memoria e alla fantasia era possibile anche la meraviglia del romanzo sardo di un sardo, il quale si sentiva in arte piemontese e milanese, perché fin’allora aveva  vissuto a Casale, a Torino, a Pavia, a Milano,” Salvatore Farina.

P come Platamona. E’ considerata la spiaggia dei sassaresi ma si trova nel comune di Sorso. Anche nella pubblicità si legge spesso Platamona (Sassari). Tutto quello che nel tempo (anni 50-6, .lido Iride) è stato positivo, con le notti brave rallegrate dai maggiori artisti dell’ epoca come Claudio Villa, Nilla Pizzi, Teddy Reno,  Perez Prado,  i Platters, Fred Buscaglione,  Marisa Del Frate, Mike Bongiorno, Peppino di Capri, Fred Bongusto,  è merito di Sassari. C’è stato pure Mago Zurli anche se non capisco a fare cosa. 

La “mondezza” invece è sempre di Sorso. Che infatti paga le spese della maleducazione altrui.

Q come Quinto. Personaggio di Sorso scomparso da anni. Persona dinamica dalle mille iniziative lavorative che alla fine riuscì a trovare la sicurezza economica trasportando i defunti in via Marina (al cimitero). Ma il motivo della sua imperitura fama è politica. Una volta si candidò alle elezioni comunali nella lista del partito socialista. Nel seggio dove votarono lui e la moglie, prese un solo voto. 

Non si è mai saputo chi dei due ha fatto il franco tiratore.

R come Romangia. Indica il territorio che comprende Porto Torres, Sennori e Sorso. Romangia significa Roma: noi eravamo già  romani quando in altri posti ( in Sardegna, in Italia e in Europa) ancora aspettavano di essere civilizzati. Nella nostra lingua ci sono molti termini latini e nel territorio (a parte la città e il porto di Turris Libyssonis) ci sono tracce abbondanti della cultura romana a cominciare dalla villa di Santa Filitica. Cultura, storia ed arte hanno caratterizzato per secoli questa parte del nord-ovest della Sardegna. Oggi  la politica, una certa politica, sta umiliando non solo la Romangia  ma anche Sassari e il resto della provincia con scelte discutibile. 

Che dire: abbiamo ceduto la bandiera dei Quattro Mori alla lega di Bossi e Salvini.

S come Spiaggia. L’arenile di Sorso è lungo circa 18 chilometri ed è il secondo in Italia, dopo Rimini. Ci sono posti  mai calpestati da piede umano o quasi perché per arrivarci devi camminare lungo la spiaggia. Niente macchine, ma una solitudine che accarezza i pensieri e il rumore lieve delle onde che, discrete, si spengono sulla spiaggia bianca. Il mare a primavera è talmente trasparente  che il cielo ci si specchia e si confonde.

T come Traffico. In tutta Italia gli automobilisti parcheggiano a spina di pesce: noi parcheggiamo alla cazzo di cane.

U come U. Nei miei anni giovanili vissuti in nord Italia, la Sardegna è sempre stata argomento di curiosità da parte di  conoscenti (gli amici non fanno domande sceme). Io rispondevo alle domande come potevo ma in verità neanch’io conoscevo molto (allora) della mia terra natia. Tra le domande più stravaganti c’era la questione della U. Già era grave che storpiassero in continuazione il mio cognome:  Spanu diventava Spano, Spanni, Spanù e tante altre varianti. I miei cortesi interlocutori pensavano che il nostro linguaggio fosse composto solo di u e quindi molto arretrato. Io, quando mi stancavo di tanta “colta curiosità” rispondevo: "Il fatto  è che noi sardi o come dite voi, “sardegnoli” , siamo appena discesi dagli alberi e come  le scimmie facciamo ancora uh-uh!"

V come Vino. A Sorso si fa del buon vino anzi ottimo ma noi siamo cattivi venditori nei nostri prodotti. Ricordo che negli anni 50-60 a Brescia, in corso Zanardelli c’era un famoso negozio di prodotti alimentari provenienti da tutto il mondo; le bottiglie di Cannonau e di Dorato facevano bella mostra nella vetrina. Poi molte cose sono andate male. La Cantina Sociale ha avuto problemi economici e il vino di Sorso è andato a rinforzare vini famosi (vedi Alghero e altre blasonate cantine). Uno strano paese il nostro dove, casi più unici che rari,  falliscono cantine sociali e farmacie che sarebbe come viaggiare in macchina del deserto del Sahara e centrare l’unica palma presente in migliaia di chilometri quadrati. Sempre negli anni 50-60, l’imprenditore Folonari, allora il numero uno a Brescia nel settore del vino, veniva a Sorso a comprare le vinacce per dare gradazione ai suoi vini da pasto. In questi ultimi anni ci sono giovani che stanno lavorando bene e i loro prodotti, di qualità, stanno cominciando a farsi conoscere ed apprezzare. Un’ultima nota: il Moscato di Sorso è il migliore del mondo. Ci sono prodotti simili di ottima qualità ma il nostro Moscato è unico. Credetemi sulla parola.

Z come Ziminu (zimino). Si tratta delle interiora dell’agnello (ma anche maiale e bovino)  formate da: parasangu (diaframma),isthintinu (intestino o riccioli), cannaguru (retto), cori (cuore), rugnoni (rognone), ippiena (milza), fiddigu (fegato), pumoni (polmoni),  primulatte (timo, animelle) Il tutto fatto arrosto sulla griglia. Sono veramente saporiti. I sassaresi non lo lavano (lo zimino) e lo cucinano così, merda e tutto. Noi a Sorso siamo più puliti.

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