Oggi lezione di latino (R)

di Leo (leo-leonis= leone) Spanu (hispanicus= ispanico che fa molto “Il gladiatore”, ispano, spagnolo. Ma anche spanu= rossiccio, riferito al manto dei cavalli)

Oggi lezione di latino cominciando dall’inizio, cioè ab ovo (dall’uovo, che vuol dire che per raccontare cosa hai fatto oggi non c’è bisogno di partire da Adamo ed Eva ).
Naturalmente absit iniuria verbis (sia detto senza offesa) perché quando si va ad ascoltare la parola (ad audiendum verbum) di un nostro superiore bisogna sempre avere un alibi (altro, nel senso di una giustificazione ma va bene anche una scusa) altrimenti tocca sperare in D.O.M. (Deo Optimo Maximo (si legge sui frontoni delle chiese ed è un’intestazione o una invocazione a piacere) o tentare una captatio benevolentiae (catturare la benevolenza del potente di turno).
Tendenza questa che spesso è la soluzione preferita da nove italiani su dieci (il decimo è il potente) per risolvere i problemi; in lingua corrente si chiama “ruffianeria” o, in termini aulici e più eleganti , “sontuosa e appassionata leccata di parti intime”  normalmente coperte (pudenda) . 
Purtroppo in Italia carmina non dant panem (la poesia non fa mangiare; anche Dante non guadagnò un baiocco dai suoi versi e alla figlia lasciò tanta ma tanta fame) ma neanche molte lauree danno uno straccio di lavoro al punto che molti giovani vivono alla giornata (carpe diem:  questa non ve la traduco) nell’attesa che i nonni (nonni, toccatevi  gli zebedei!) vadano ad maiora (a cose maggiori: una volta aveva un significato augurale, in seguito è diventato un invito a raggiungere gli antenati) e lascino spazio alle nuove leve.
Intanto girano per “ lo mondo” ( citazione dall’armata Brancaleone) come chierici vaganti (clerici vagantes: erano studenti squattrinati che tiravano a campare. Nel Medio Evo! Oggi invece….) e siccome de gustibus non est disputandum (non bisogna discutere i gusti altrui) aspettano che si avverino i loro desiderata (i desideri) magari con l’aiuto di un deus ex macchina (colui che può risolvere i problemi) che nel bel paese è almeno onorevole o monsignore. 
Ma vae victis (guai ai vinti), le parole e le speranze si perdono nel vento (verba volant)  specie quando vorresti dimenticare il dolore col vino ( in vinum novum amicus nuvus: il vino diventa una forma di consolazione. Un amico appunto).
Ma noi non saremo mai una vox clamantis in deserto (san Giovanni Battista che parlava davanti alle piazze vuote come certi politici nostrani), noi non saremo mai l’ultima Thule (luogo immaginario, forse in Islanda, dove finiva il mondo. E’ anche l’ultimo cd di Francesco Guccini).
No, ubi tu Gaius ego Gaia (che non è un elogio dell’omosessualità ma più semplicemente una dichiarazione d’amore: dove sei tu sarò anch’io) perché ubi maior minor cessat , cioè dove c’è il grande il piccolo scompare; espressione che può essere letta anche come una dichiarazione d’amore del tipo “io non esisto perché mi perdo in te”.
Il latino è bello anche perché può avere molti significati ma in realtà questa espressione significa che se citi i padri della costituzione italiana non puoi poi chiedere l’opinione a Brunetta o a Gasparri. 

Ma non sempre tutto va bene, bisogna diffidare degli altri; Timeo danaos et dona ferentes (temo i greci quando portano doni, come Ulisse quando regalò il suo cavallo di legno ai troiani e la città fu rasa al suolo. I greci di oggi invece sono rimasti anche senza mutande e non hanno più niente da dare) cioè tutti coloro che ti sorridono e ti promettono paradisi in terra. 
Nessuno fa niente per niente e spesso vieni  colpito alle spalle da chi non ti aspetti (tu quoque Brute, fili mi: anche tu Bruto, figlio mio. Giulio Cesare che scopre tra i suoi assassini Bruto, il figlio della sua amante Servilia).
Purtroppo mala tempora currunt (corrono tempi cattivi) ed anche nei palazzi del potere vi sono esempi di summum ius summa iniuria (estrema giustizia, estrema ingiustizia) e non è facile restare super partes (al di sopra delle parti) anche perché la domanda di sempre è dove andiamo, chi siamo?
Pulvis es et pulverem reverteris (polvere sei e in polvere ritornerai) anche se qualcuno pensa che post fata resurgam  (dopo la morte risorgerò: è il motto dell’araba fenice). 
E qui mi fermo perché non vorrei che le mie parole diventino un casus belli (una scusa per far nascere un conflitto). La mia modesta intenzione era solo di scherzare, una specie di castigat ridendo mores  (l’arma dell’ironia per fustigare le brutte abitudini e il malcostume della nostra società).

E’ stata una grossa sciocchezza (ma non è l’unica) cancellare il latino dalle scuole.
La mia generazione ha cominciato a declinare rosa-rosae (1-se qualcuno è interessato può vedere a fine articolo di cosa si tratta) fin dalla prima media e siamo tutti sopravvissuti. Oggi che vogliamo (o dobbiamo?) chiamare in inglese anche la cacca, assistiamo ad uno strano fenomeno: i nostri ragazzi sono semi analfabeti. Conoscono pochissime parole e la loro cultura generale è quasi inesistente addirittura inferiore a quella dei pastori di una volta, quelli che la scuola la vedevano da lontano quando la vedevano. 
Eppure i mezzi di comunicazione e di informazione sono cresciuti in quantità e qualità; anche l’università, una volta riservata a pochi privilegiati, oggi è una scuola aperta a tutti.
Allora cosa è capitato alle nuove generazioni? Nella mia attività di allenatore di atletica leggera ho insegnato, per quasi trent’anni, ai ragazzi le specialità di questo sport meraviglioso; oggi ai bambini di sei anni (questa è l’età in cui possono iniziare l’attività) devo insegnare a muoversi  e a camminare in maniera corretta. Infatti attività un tempo naturali come correre, saltare, arrampicarsi sugli alberi, oggi richiedono varie fasi di apprendimento. 
Noi bambini di strada eravamo autodidatti. 
E’ ovvio che non possiamo tornare indietro, i bambini non possono certo tornare in strada a giocare. Dobbiamo inventarci altri metodi per strappare le nuove leve da TV, computer, telefonini e attrezzi elettronici vari.
Dovremmo spiegare ai genitori e magari a qualche insegnante che sapere l’inglese a tre anni, usare il computer a quattro, suonare il pianoforte  a cinque, produce solo bambini stronzi di sei anni. Lasciateli giocare i bambini perché è la cosa più importante che devono fare.
C’è tempo per tutto il resto. Del resto a cosa serve laurearsi a vent’anni se poi i nostri ragazzi  restano disoccupati o male occupati per altri venti?

Per tornare al latinorum, c’è da dire che, malgrado la fatica dello studio, il latino è un’ottima ginnastica per la mente. Comprendere la consecutio temporum (successioni dei tempi: nella sintassi è l’insieme di regole che governano il rapporto temporale tra le frasi che formano un periodo) aiuta a far lavorare i neuroni anche se per gli studenti di una volta il latino era una vera bestia nera. Aiutava a parlare bene l’italiano che è una delle lingue più belle e complete del mondo.

La lingua latina è stata eliminata perché, si diceva, è una lingua morta; in realtà è ben viva e te la ritrovi sempre in mezzo alle altre parole. Un esempio: quando si parla di mass media la parola media è latina e va pronunciata così come si scrive e non “ midia” come dicono alla televisione certi asini calzati e vestiti, mascherati da giornalisti. Per non dire poi del linguaggio dei tribunali dove il latino è d’obbligo e vi risparmio gli esempi perché dovrei scrivere un altro articolo. Altro assurdo è vedere oggi molti giovani laureati in archeologia che si dedicano alla storia romana e conoscono il latino solo per un esamino dato all’università.

Anche la chiesa, eliminando il latino dal suo cerimoniale qualche danno lo ha combinato. Mia nonna non conosceva una sola parola d’italiano (abituata com’era a parlare sempre in dialetto) ma in compenso recitava in latino molte preghiere e litanie religiose. Non sono aggiornato sugli ultimi programmi scolastici; credo che anche Alessandro Manzoni con “ I promessi Sposi” sia stato cancellato.
Prima ancora era sparita la poesia a memoria. Una sciocchezza clamorosa che fa rimpiangere sia “La donzelletta vien dalla campagna/ in sul calar del sole/ col suo fascio dell’erba; e reca in mano/ un mazzolin di rose e viole” che ” la vispa Teresa  avea tra l’erbetta/ a volo sorpresa gentil farfalletta”. Tutta roba che non serve a niente, così si diceva e si continua a dire. Sul concetto che “non serve a niente” si potrebbero fare molte osservazioni. Infatti a cosa servono Verdi, o Leonardo o Dante? Nella vita quotidiana a niente.

P.S. (Post scriptum: dopo lo scritto, altro latino per indicare che ci siamo dimenticati qualcosa scrivendo e che lo aggiungiamo in calce.)

Per la cronaca e per la storia, Franco Nebbia (1927-1984) musicista di talento, attore e tanto altro, nel 1961 scrisse una canzone composta solo di frasi latine. Un piccolo gioiello che merita di essere conosciuto. Per chi non lo ha mai ascoltato ed è interessato il brano si  trova facilmente su You Tube. Il titolo della canzone è Vademecum tango (o Passione latina).

1-Esempio di declinazione in latino della parola rosa, un classico. Tra parentesi la traduzione in italiano. (Dimenticavo: in latino non esiste  l’articolo di conseguenza neppure la preposizione articolata per cui ...)

                               Singolare                                    Plurale
Nominativo            rosa (la rosa)                              rosae (le rose)
Genitivo                 rosae (della rosa)                        rosarum  (delle rose)
Dativo                     rosae (alla rosa)                          rosis  (alle rose)
Accusativo              rosam (la rosa)                            rosas (le rose)
Vocativo                  rosa (o rosa)                               rosae  (o rose)
Ablativo                  rosa (dalla rosa)                          rosis (dalle rose)   
       
Sembra complicato? Ma quando mai! Questa è la parte facile.    

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