Festa della Repubblica (R)

 di Leo Spanu

In occasione della festa della Repubblica ripropongo un mio vecchio articolo del 2017: ci sono temi che sembrano non invecchiare mai e poi, allora avevo pochi lettori. I lettori di oggi (molti di più. Grazie!) potrebbero trovare interessanti anche le cose che scrivevo allora.

Si tratta di un articolo pubblicato, in versione ridotta, su "L'Alpino" (Maggio 2015); credo sia interessante riproporlo ad un pubblico diverso dai lettori di quella rivista. Il tema del servizio di leva è stato ripreso da alcuni lettori e il mio articolo citato anche in momenti successivi. Vorrei evidenziare come le emergenze di questi tempi (terremoti, maltempo) hanno mostrato il grande lavoro svolto dai nostri soldati, quindi un uso intelligente dell'esercito in tempo di pace.  
Una domanda: il servizio di leva può essere una risposta valida alla violenza giovanile? 
Navigando tra le pagine di Internet mi sono imbattuto in questa fotografia (vedi sotto). Rappresenta un momento della sfilata del 2 giugno a Roma per la Festa della Repubblica. Anno 1968, sullo sfondo il Colosseo, in primo piano un reparto di sciatori del Battaglione Edolo, 5° Reggimento Alpini, Brigata Orobica. Una foto come tante se non fosse per un piccolo particolare: fra quei soldati vestiti di bianco ci sono anch’io. 
Un ricordo sepolto in fondo alla memoria è tornato vivo grazie a questa immagine scolorita. Un momento di grande emozione; a volte la vecchiaia ti regala anche questo, specie quando si torna indietro nel tempo. Ma pure un’imprevista riflessione sulla mia giovinezza e su quella dei ragazzi d’oggi e quindi la domanda: il servizio militare di leva serviva a qualcosa? Se penso alla mia esperienza la risposta è si ed io non ho mai amato (e non amo) divise ed armi. Quindici mesi di “naia” mi hanno mostrato una realtà che non conoscevo. Partii che ero uno studentello viziato, superficiale e ignorante e tornai a casa profondamente cambiato. Valori mai conosciuti prima, la vita in comune con altri coetanei, le esperienze talvolta negative, le difficoltà da affrontare, le paure e le insicurezze dei ventenni ma anche la consapevolezza di non essere soli, la scoperta dell’amicizia e della solidarietà, la forza dello stare insieme per affrontare con coraggio le avversità. Tutto questo pur  mantenendo la tua identità e riscoprendo la tua umanità.
Finii il servizio militare giusto in tempo per gettarmi dentro “il famigerato 68” iniziato pochi mesi prima. In America, in Francia, in Germania, in Italia e in tanti altri stati ancora. Studenti e operai stavano buttando all’aria un mondo troppo vecchio, pieno di egoismi e di ingiustizie nella speranza di un mondo migliore. 
Per un attimo il potere politico ebbe paura di quella rabbia giovanile. Poi il 12 dicembre 1969 tutto finì. Un bomba vigliacca a Milano spense persone, sogni e speranze. Il potere di sempre, si riprese il mondo. Quella che seguì poi è un’altra storia.
In quegli anni e in quelli successivi ci fu un ampio dibattito sul valore del servizio militare di leva fino a cancellarlo (insieme ad altro ciarpame come il latino e il diritto ad una cultura vera). Si diceva: è tempo perso. Guardando la disoccupazione giovanile attuale c’è da sorridere (amaro) di quel ”tempo perso”. Oggi molti giovani il  tempo lo “perdono” aspettando un lavoro che non arriva mai così molti cercano una raccomandazione per potersi arruolare volontari nell’esercito e non sempre ci riescono. 
Amor di patria o necessità di uno stipendio sicuro? Mi tornano alla mente i primi anni 50 e 60 del secolo scorso quando i ragazzi del sud si arruolavano nella polizia e nei carabinieri per sfuggire alla povertà dei loro paesi. Non mi sembra che sia cambiato molto se non per il fatto che i nuovi disoccupati del nord e del sud hanno spesso in tasca un diploma di scuola superiore quando non una laurea.
Cancellare il servizio di  leva probabilmente è stato un errore. Per molti giovani era una scuola di vita.

"Certo c’erano anche problemi. Per il mio ruolo di infermiere sono venuto a contatto con molte situazioni difficili. Tentati suicidi per non raccontare la propria omosessualità: all’epoca il tema era tabù e venir congedati per omosessualità era un biglietto per l’inferno. Non solo per l’opinione pubblica che li metteva alla gogna ma anche perché veniva registrato tutto nel congedo e la vittima di turno era esclusa per sempre da tutti i concorsi pubblici. E poi le malattie veneree. Allora erano il pericolo principale per i giovani, oggi sono le droghe (vita dura essere giovani!). La sanità militare fece in quegli anni un lavoro esemplare debellando una situazione piuttosto grave  anche se le autorità e i media preferivano tenere l’opinione pubblica all’oscuro di tutto. Io lavorai per un paio di mesi, durante il corso di infermiere, all’ospedale militare di Verona e lì vidi cose da film dell’orrore ma anche tanta sofferenza e umiliazione. 
Giovani che avevano sbagliato, trattati come appestati. 
Mi sono chiesto in seguito, molte volte, qual’è il senso vero della nostra pietà verso gli altri. Non ho mai trovato la risposta e oggi cerco solo di non essere il giudice di nessuno. Anche perché ho letto di recente che c’è una rinascita delle malattie veneree. Spero di no perché con la stupidità che c’è in giro non vorrei che si inventassero nuove categorie di emarginati. Ne abbiamo già abbastanza nelle periferie delle nostre città tra zingari, extracomunitari e italiani di serie zeta." (1)
Ripristinare il servizio di leva può essere utile ai ragazzi (e ragazze) e alla società. Non per creare altri soldati da mandare a fare guerre lontane ma per imparare di nuovo la differenza tra diritti e doveri. Potrebbe essere il punto di partenza per recuperare il senso civico e, perché no, l’orgoglio di appartenere ad una grande nazione. 
Diceva Dante qualche secolo fa: Ahi serva Italia di dolore ostello /nave senza nocchiero in gran tempesta /non donna di provincia ma bordello. Sembra l’Italia di oggi.
I soldati potrebbero essere occupati in molte attività utili. Un solo esempio: la difesa e il recupero del territorio massacrato da anni di abusi edilizi e di cattiva politica. Le piogge di questi ultimi tempi stanno aprendo ferite terribili nelle nostre città e nelle nostre campagne; stanno seminando morte e dolore. 
L’addestramento militare può creare mansioni e specializzazioni oggi dimenticate favorendo, al rientro nella vita civile, la possibilità di nuove forme di lavoro e darebbe stimoli e motivazioni  a migliaia di giovani troppo spesso considerati (a torto) confusi e indifferenti.
Non voglio andare oltre, non tocca a me salire in cattedra ma sarebbe opportuno che i signori che stanno al potere cominciassero a ragionare in termini diversi se vogliono creare  vere alternative ad un sistema che sta cedendo in tutte le sue componenti.
Sarebbe un bel modo per festeggiare la Repubblica italiana insieme alle sfilate ai Fori Imperiali.
" Ma dubito che ciò avvenga: il fatto è che, come mi diverto a dire, io e la Repubblica siamo nati insieme ma, purtroppo, nessuno dei due è riuscito molto bene." (1)


Se la memoria non mi inganna, io dovrei essere il primo della seconda fila, a sinistra. La sfilata del 1968 è considerata una delle più grandiose e riuscite della storia della Repubblica. Soldati, sottufficiali, ufficiali avrebbero dato un braccio per essere presenti. Io ci sono capitato dentro per caso (colpa del "famoso" capitano Valeri di " Passo del Gavia ", racconto  autobiografico pubblicato su questo blog il 27 luglio 2015) e m’è costato un mese di duro addestramento marciando sulla costruenda autostrada del Brennero nei dintorni di Vipiteno.

NOTE
1) La parte virgolettata (e in corsivo) è quella non pubblicata (per mia scelta) sulla rivista  L'Alpino.

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