Favole: Genevieve

 di Leo Spsnu

Genevieve (1959) è una canzone di Giorgio Gaber, il Gaber degli inizi, quello del rock all'americana tipo  Ciao ti dirò o Una fetta di limone cantata insieme all'amico Enzo Jannaci. E' una canzone molto dolce da cantare all'innamorata che si chiama..... Già, come si chiama?

Genevieve è la versione francese di Genoveffa, nome diventato famoso negli anni 30 grazie alla penna di Attalo (Gioacchino Colizzi 1894-1986) un famoso disegnatore di vignette umoristiche. Purtroppo il personaggio era quello di Genoveffa la racchia, la donna più brutta della storia del'umanità. Da allora Genoveffa è diventato sinonimo di donna brutta ma veramente brutta. Genevieve (la e finale è muta) ha un suono delicato, da amore perduto.

Infatti Giorgio Gabere cantava:

Or che tu, non sei qui, io ti amo Genevieve, dove mai troverò felicità, (in coro) GENEVIEVE.

Vediamo di ricostruire la vera e triste storia di Genoveffa facendoci aiutare dalle immagini di Ritva Voutila, una pittrice finlandese.

Genoveffa a 2 anni. Ancora non era così cesso ma aveva un alito che, quando le farfalle le passavano vicino, cadevano a terra fulminate.

Genoveffa a quattro anni. Anche i rospi si rifiutavano di farsi baciare da lei per non essere trasformati in vermi.

Genoveffa a otto anni. La bambina amava molto la pesca ma i pesci, di mare e di fiume, non abboccavano mai. Solo i pesci rossi comprati alla fiera dell'est si suicidavano cercando l'amo da soli.

Genoveffa a dieci anni. Amava molto anche la caccia. Infilava le teste degli animali, fulminati dal suo sorriso, sopra lunghe aste di legno.

Genoveffa a quattordici anni, quando decise di perdere la verginità motu proprio.

Genoveffa a diciotto anni, quando si comprò un abito elegante per sedurre un uomo, almeno uno.

Il primo appuntamento fu una delusione: una bottiglia di acqua minerale San Pellegrino del 1956 per ritrovarsi a limonare con un ranocchio.

A vent'anni Genoveffa imparò a suonare il violino e invitò Lancillotto per una sonata al chiaro di luna. Ma lui non si tolse neppure l'elmo.

Il suo sogno era solo di trovare un uomo, uno qualunque, anche povero e brutto purchè la trombasse.

Fissò un appuntamento al buio  con uno trovato su un sito di incontri. Si presentò un tipo vestito da cugino dell'uomo ragno che voleva addirittura sposarla ma sotto il vestito da fuco non aveva niente.

Ma proprio niente, era un uomo a metà e mancava  la parte migliore. E pensare che si era data pure una rasatina alla patonza per essere più sensuale.

Dopo quell'esperienza salì sopra una scopa, come faceva da bambina, e galoppando, oh-oh cavallo oh-oh, sparì lontano, via dalla pazza folla.

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