Una volta, c'era anche la poesia (R)
Una volta, c’era anche la poesia (2015)
di Leo Spanu
Una volta, quando ero studente, tra noi ragazzi qualche volta si parlava anche di poesia. Può sembrare una stravaganza o una posa ma in realtà anche la poesia aveva un suo ruolo, magari minimale, nella vita quotidiana dei ragazzi degli anni 60. Certo, prima c‘erano l’amore, la musica, lo sport, il divertimento e tanto altro ancora. Ma c’erano pure la letteratura e la poesia. Scrittori e poeti non erano solo materia scolastica.
P.S. Se l'articolo vi sembra lungo, lasciate perdere, non leggete. La poesia non fa per voi.
Uno dei poeti più amati dai giovani era Jacques Prevert (1900-1977), un poeta sopravvalutato ma piacevole. Una delle composizioni più note era “Quest’amore”. Alcuni versi
Questo amore
Così violento
Così fragile
Così tenero
Così disperato
Questo amore
Bello come il giorno
E cattivo come il tempo
Quando il tempo è cattivo
Questo amore così vero
Questo amore così bello
Così felice
Così gaio
E così beffardo
Tremante di paura come un bambino al buio
E così sicuro di sé
Come un uomo tranquillo nel cuore della notte
Questo amore che impauriva gli altri
Che li faceva parlare
Che li faceva impallidire
Questo amore spiato
Perché noi lo spiavamo
Perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
Perché noi l’abbiamo perseguitato ferito calpestato ucciso negato dimenticato
Questo amore tutto intero
Ancora così vivo
E tutto soleggiato
E’ tuo amore
E’ mio amore ...
Il successo di Prevert fu tale che molte delle sue composizioni furono musicate e fanno parte della tradizione musicale francese. Prevert è stato anche un valido sceneggiatore del cinema francese. Importante la sua collaborazione col regista Marcel Carnè.
Altro autore che ha influenzato la mia e altre generazione è Edgar Lee Masters (1869-1950) con la sua “Antologia di Spoon River”. Negli anni 50/60 fu probabilmente il libro di poesie più letto in Italia. Fabrizio De Andrè lo utilizzò per una delle sue opere più belle: Non al denaro non all’amore né al cielo. A questo proposito nella canzone “Un giudice” la famosa frase “un nano è una carogna di sicuro perché ha il cuore troppo vicino al buco del culo” non esiste nella poesia originale. Comunque il giudice Selah Lively rimane una persona sgradevole.
Immaginate di esser alto cinque piedi e due pollici
e di aver cominciato come garzone droghiere
finchè, studiando di notte,
siete riuscito a diventar procuratore.
/…/
e che nessuno smettesse
di burlarsi della vostra statura….
e tutti i pezzi grossi
che vi avevano schernito, sono costretti a stare in piedi
davanti alla sbarra e pronunciare “Vostro Onore”
Be’ non vi par naturale
che gliel’abbia fatta pagare?
Altro autore molto amato era Federico Garcia Lorca(1898-1936),
il suo” Lamento per Ignacio Sanchez Mejas” era un mito.
Alle cinque della sera.
Erano le cinque in punto della sera.
Un bambino portò il lenzuolo bianco
alle cinque della sera.
Una sporta di calce già pronta
alle cinque della sera.
Il resto era morte e solo morte
alle cinque della sera.
Il vento portò via i cotoni
alle cinque della sera.
E l’ossido seminò cristallo e nichel
alle cinque della sera.
Già combatton la colomba e il leopardo
alle cinque della sera.
E una coscia con corno desolato
alle cinque della sera.
Cominciarono i suoni di bordoni
alle cinque della sera.
Le campane d’arsenico e il fumo
alle cinque della sera.
Negli angoli gruppi di silenzio
alle cinque della sera.
Solo il toro ha il cuore in alto
alle cinque della sera.
Quando venne il sudore di neve
alle cinque della sera,
quando l’arena si coperse di iodio
alle cinque della sera,
la morte pose le uova nella ferita
alle cinque della sera.
Alle cinque della sera.
Alle cinque in punto della sera.
Una bara con ruote è il letto
alle cinque della sera.
Ossa e flauti suonano nelle sue orecchie
alle cinque della sera.
Il toro già mugghiava dalla fronte
alle cinque della sera.
La stanza s’iridava d’agonia
alle cinque della sera.
Da lontano già viene la cancrena
alle cinque della sera.
Tromba di giglio per verdi inguini
alle cinque della sera.
Le ferite bruciavan come soli alle cinque della sera.
E la folla rompeva le finestre
alle cinque della sera.
Alle cinque della sera.
Ah! Che terribili cinque della sera.
Eran le cinque a tutti gli orologi!
Eran le cinque nell’ombra della sera.
Non voglio vederlo!
Di’ alla luna che venga,
ch’io non voglio vedere il sangue
d’Ignazio sopra l’arena. ...
La poesia è molto lunga e impegnativa. All’epoca molti
famosi attori (es: Arnoldo Foà) la incisero con sottofondo musicale eseguito con la sola chitarra. Ma Lorca non è solo poesia di morte è
anche poesia d’amore. Tra le mie preferite “La sposa infedele”.
E io che me la portai al fiume
credendo che fosse ragazza,
invece aveva marito.
Fu la notte di San Giacomo
e quasi per obbligo.
Si spensero i fanali e
s’accesero i grilli.
Alle ultime svolte
toccai i suoi seni addormentati
e di colpo mi s’aprirono
come rami di giacinti.
L’amido della sua gonnellina
suonava alle mie orecchie
come un pezzo di seta
lacerato da dieci coltelli.
Senza luce d’argento sulle cime
son cresciuti gli alberi
e un orizzonte di cani
abbaia lontano dal fiume.
Passati i rovi,
i giunchi e gli spini,
sotto il cespuglio dei suoi capelli
feci una buca nella fanghiglia.
Io mi levai la cravatta.
Lei si tolse il vestito.
Io la cintura e la rivoltella.
Lei i suoi quattro corpetti.
Non hanno una pelle così fine
le tuberose e le conchiglie
né i cristalli alla luna
risplendono di tanta luce.
Le sue cosce mi sfuggivano
come pesci sorpresi,
metà piene di brace,
metà piene di freddo.
Corsi quella notte
il migliore dei cammini
sopra una puledra di madreperla
senza briglie e senza staffe.
Non voglio dire, da uomo,
le cose che ella mi disse.
La luce dell’intendimento
mi fa essere molto discreto.
Sporca di baci e di sabbia
la portai via dal fiume.
Con la brezza si battevano
le spade dei gigli.
Agii da quello che sono,
un vero gitano.
Le regalai un grande cestino
di raso paglierino,
e non volli innamorarmi
perché avendo marito
mi disse che era ragazza
mentre
la portavo al fiume.
Naturalmente c’erano e ci sono anche altri poeti da raccontare. Magari ne parleremo un’altra volta.
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