A me mi piace il mare (R)
di Leo Spanu
Oggi Ferragosto, una vita che non vado al mare. Eppure è lì, a quattro chilometri da casa, eppure una volta mi piaceva, mi tuffavo nell'acqua fresca e scendevo a cercare patelle e ricci tra Sorso e Castelsardo. Oggi fra la vecchiaia (mia) e l'inquinamento del mare (non è colpa mia) ho la pelle come una cartina al tornasole.
Però: A me mi piace il mare (agosto 2016)
A me mi piace il mare. Effettivamente.
Come direbbero Cochi e Renato, ma non sopporto la sabbia farinosa e neppure la farina sabbiosa che finiscono sempre osa come piace ai matusalemme dell’Accademia della Crusca che vanno in brodo di giuggiole ogni volta che una maestra furbetta scopre bambini e fiori petolosi. Preferisco l’Accademia delle pentole, dei tegami e dei cucchiai con paletta e colino che l’acqua cola e mi bagna i piedi, le rose, i tuberi e le tuberose.
E non mi piace neppure la spiaggia di Stintino dove l’ultima volta che ci sono stato un americano di Roma si è seduto sul mio asciugamano a stelle e strisce e davanti alle mie vibrate proteste (le proteste sono sempre vibrate, non so perchè ma è così) ha gridato: E’ mio! Gli ho dato un formaggino e lui mi ha regalato una gomma già masticata. L’ho sistemata al posto delle bretelle per sostenere calze e mutande.
E poi sempre a Stintino la nonna del corsaro Nero si è tolta il reggiseno e ha fatto vedere le tette. Era il 1492 e Cristoforo Colombo scopriva l’America; anche molte signore scoprivano le tette lontano dal mare di Sorso. E tutti gli uomini di Sorso andavano a Stintino per vedere le tette della vicina di casa, quella che andava in chiesa alle sette del mattino e pregava tre volte al giorno. E tutti erano molto tristi perché la vicina di casa, quando aveva ancora vent’anni e le tette in piedi, non li filava per niente mentre adesso, che i sessant’anni facevano capolino tra trucco e tinture, ti sbatteva in faccia un penoso ricordo di tette perdute. Per fortuna che pance che aspirano all'immensità coprono piselli stanchi dentro costumini da quindicenni.
La vecchia è carogna è vero ma questo non vuol dire che bisogna andare al mare a mostrar le chiappe chiare. Si può mostrare molto di più: a Santa Maria Navarrese, una volta, una famiglia di milanesi che avevano affittato una casa in nero, mi fecero vedere il loro pranzo quotidiano: una fetta di mortadella di spessore minimo (infatti controluce era trasparente) da dividere in quattro. Mi fecero tanta pena che stavo per affogarli per porre fine a tanta sofferenza.
Ma non è di questo che volevo parlare, in effetti non ho niente da dire e neppure una nonna da mostrare.
A me mi piace il mare.
Io abito a quattro chilometri dal mare. Noi sorsensi siamo fortunati: abbiamo diciotto chilometri di costa quasi tutta sabbiosa. Infatti andiamo a fare il bagno a Stintino dove devi arrivare la notte prima, a Fiumesanto col panorama della vicina centrale a carbone, a Badesi dove fai due metri nell’acqua e trovi subito un gradone di duecento metri di profondità (ideale per i bambini), ad Alghero dove la puzza delle alghe non è compresa nel prezzo ma in compenso si mangia un’ottima focaccia farcita. A Balai no, non andiamo, la spiaggia è talmente piccola, che i portotorresi fanno i turni: un’ora a testa.
A me mi piace il mare.
Ma come sono le spiagge di Sorso? La Marina, s’è ridotta ad un filo interdentale: ridatemi le dune della mia infanzia visto che non posso riavere la mia infanzia. Marritza c’era una volta come nelle favole. Porchile mi fa venire in mente il Brasile. Ma che avete capito! Sto parlando delle bidonville. Platamona è una vecchia signora che vive di ricordi. Lo stagno è concupito da piromani seriali. Il Centro Commerciale ormai è schifato anche dalle prostitute. Restano angoli sparsi di paradiso nascosti dalla pineta, dove le piante ancora impediscono il passaggio delle macchine. Per fortuna, i nuovi barbari non vanno a piedi neanche se li accompagni a calci in culo.
A me mi piace il mare.
Quando lo guardo da lontano, da casa mia. Quando le onde sono fili d’argento che segnano il confine tra il mare e il cielo, quando l’azzurro è talmente intenso che non vedo più il confine tra il mare e il cielo. Quando mare e cielo si confondono nei miei occhi, quando mare e cielo si confondono nei miei sogni e io posso chiudere gli occhi. Per non perdere i sogni.
Buon Ferragosto!
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