Brescia 1965. Cronache liceali 2 (R)
di Leo Spanu
Seconda parte delle cronache liceali ma non andate via, non è la fine della storia, c'è ancora un episodio intitolato "La contestazione".
Brescia
1965. Cronache liceali 2
Maria Paola (nome di fantasia) era la “ bruttina” della compagnia. Quando
compì 18 anni, la famiglia non organizzò un semplice ballo, l'ingresso in
società doveva avvenire tipo il classico ballo delle debuttanti. Fu una
cerimonia con scarsi quarti di nobiltà ma con molto lusso buzzurro. Maria Paola
si vide regalare dal padre una Mercedes e lei non aveva ancora la patente. Io
che avevo un anno più di lei e la patente fresca di conio, per poter utilizzare
la Prinz di mio padre (macchina sempre tedesca ma grande quanto una scatoletta
di Simmenthal) almeno due volte al mese dovevo lucidare tutte le maniglie
(d'ottone) delle porte di casa con il Sidol. Infatti mia madre decideva, col
ricatto o dietro prestazione lavorativa
casalinga, il mio utilizzo della macchina. Maria Paola abitava in un
paese a trenta chilometri da Brescia, più
fabbriche che abitazioni. Allora l'industria bresciana tirava a tutta velocità. Per l'occasione preferii sfruttare il
passaggio di un amico, anche lui neopatentato ma dotato di macchina più
presentabile, Alfa Romeo. Il mio problema principale era che non possedevo uno
smoking (neanche adesso in verità) abito di rigore per queste occasioni “importanti”.
Mi salvai con un abito
scuro molto elegante che non utilizzavo quasi mai perchè troppo impegnativo ( e
lugubre) e mio padre, appassionato cultore di cravatte, mi prestò uno dei suoi
pezzi migliori. La casa di Maria Paola era una villa moderna a due piani più
attico, il tutto in stile spaziale. Dal terrazzo, dove potevi giocarci a
tennis, si ammirava l'intera val Trompia. Nel salone della festa potevi invece
rappresentarci l'Aida portando anche qualche elefante. C'era una marea di gente
che sciamava come mosche intorno ad un buffet regale, roba che alla Caritas si
sarebbero garantiti tre mesi di pasti gratis. Noi ragazzi eravamo intimiditi e
scocciati (in fondo un ballo è solo un ballo) di trovarci in mezzo a tanti
adulti, persone più o meno importanti. Autorità comunali con vari sindaci della
zona (per fortuna senza fascia), industriali neo arricchiti con al seguito
mogli in abito da sera firmati da tutti gli stilisti di moda all'epoca,
ufficiali con nastrini e medaglie, un'orchestrina per la musica dal vivo. C'era
pure un monsignore a benedire la piccola Maria Paola.
“ Dio mio, come sei
cresciuta dall'ultima volta che ti ho visto!” Ci credo, era dal giorno del battesimo. Poi
fece dei segni veloci, di certo una benedizione, che tagliarono l'aria come
lame di vento, sorseggiò da vero esperto una coppa di champagne (“ Ne metta
appena un sentore!”) poi via ad incontrare altre pecorelle da salvare. La busta
che tanto avrebbe aiutato “ i nostri poveri” l'aveva ricevuta il giorno prima.
Arrivò anche un telegramma di Sua Eccellenza, un ministro di cui mi sfugge il
nome, che “ era fortemente dispiaciuto di non poter essere presente, purtroppo
i gravosi impegni di governo lo tenevano bloccato a Roma”. Il padre di Maria
Paola sembrava un direttore d'orchestra che dirigeva quella massa di strumenti
eterogenei con sicurezza e decisione. Si vedeva che era un uomo abituato al
comando. La madre si muoveva altera e regale tra giovani e meno giovani come la
regina di Francia Maria Antonietta che quando le comunicarono che, a Parigi, la
plebaglia rumoreggiava perchè non aveva pane, disse: “Alors? (che in francese
significa: chi se ne frega!) Che mangino brioches.”
Maria Paola sembrava un
pulcino impaurito nel suo abito lungo color rosa salmone pallido, con una
scollatura esagerata sulla schiena. Il suo stato d'animo passava
alternativamente dall'ascensione ai cieli più fulgidi ad una successiva caduta
negli abissi più neri. Io le feci da cavalier servente. I nostri amici erano
quasi tutti accoppiati fra loro noi due, invece, eravamo liberi e soli come due
animali abbandonati. Maria Paola nel suo abito di alta moda sembrava un cremino
che spunta fuori dalla carta stagnola, pronta ad essere mangiata. Parrucchiere
ed estetiste avevano fatto un lungo lavoro di cesello.
Quando la presi a ballare
mi domandò con tono preoccupato:
“ Come sto?” Conosceva e
temeva la mia linguaccia senza pietà.
“ Questa sera sei
stupenda.” Il volto di Maria Paola si accese finalmente dei colori
dell'arcobaleno come dopo un temporale, appoggiò la sua guancia sulla mia e le
danze ebbero inizio.
Non era una bugia per
compiacere un'amica. In quel momento lo pensavo davvero. Poi ho capito che
tutte le donne diventano belle. Quando sono felici.
Finito il liceo, uscii
definitivamente dal mondo dorato dei “ricchi”.
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