Chi ha paura del lupo cattivo?
di Leo Spanu
Mi ha colpito molto la storia del ragazzo che ha ferito la sua insegnante. Ovvio che il suo comportamento è totalmente sbagliato, la violenza non è mai una risposta tuttavia la violenza può essere un segnale di disagio, una richiesta d'aiuto specialmente quando viene da un ragazzo di sedici anni. Ma la nostra bella società, noi, sappiamo comprenderlo?
Non sono in grado di fare analisi o pseudo analisi e tantomeno di giudicare i comportamenti altrui; ci sono già troppi tuttologi televisivi , con la verità in tasca, che ogni giorno ci riempiono la testa di banalità e bugie. Io faccio lo scrittore e racconto favole e storie, racconto i sogni e le paure, le emozioni e il dolore, racconto la vita degli altri cercando di capire e di amare la loro sofferta umanità.
In questa storiaccia mal raccontata dalla stampa, ci sono due vittime: il ragazzo, poco più che un bambino, spaventato, confuso che avrebbe bisogno di qualcuno che sappia accarezzare il suo viso e i suoi pensieri; l'insegnante, che è convinta, probabilmente grazie ad una scuola schizofrenica (don Milani non vi ha insegnato niente?) che umiliare uno studente sia una forma di educazione e di formazione.
Anch'io "ho subito pesantemente" la scuola ma erano altri tempi e poi noi eravamo ragazzi cattivi. Purtroppo oggi mi capita di assistere ad "accadimenti" (non saprei come definirli diversamente) che mi lasciano molto perplesso. Ho quattro nipoti in età scolastica e la maggiore quest'anno è di maturità; la vita per i ragazzi, i nostri ragazzi, mi sembra ancora più difficile che una volta. Che dire?
Forse è meglio lasciare la parola allo scrittore, al protagonista di un mio romanzo inedito scritto nel 2014. Si tratta di una storia di genere horror- fantascientifico anche se i fatti narrati sono di una triste e banale quotidianità.
L'Uomo che spiava la morte
"... ho capito il cuore del mio problema, quel passato che non ho mai
digerito: mio padre. Non erano i colpi di cinghia che mi facevano male ma le
sue parole, quella sua continua incitazione ad essere il primo ad ogni costo. Ma io non sono mai stato il primo in niente,
a scuola, nello sport, nel gioco e in seguito con le ragazze. Perchè non potevo
avere una vita normale in un mondo normale, perchè dovevo sempre confrontarmi
con gli altri ragazzi? Ogni giorno era una sfida che non riuscivo a vincere.
“ Sei un perdente!”
Quelle parole scavavano nella mia mente con una ferocia e una cattiveria che mi lasciavano senza forze. Probabilmente alla fine mi sono convinto di essere davvero un perdente. E' una strana società la nostra che ci spinge ad essere competitivi fin da piccoli; quanti si sono persi per strada in questa stupida gara, quanti hanno pagato un prezzo troppo alto per un traguardo che non esiste. Nessuno dei genitori, nessuno degli educatori ha mai pensato che quei bambini, sconfitti dalla loro incompetenza, un giorno sarebbero diventati adulti. Adulti che avrebbero a loro volta insegnato ai loro figli ad essere perdenti. Si può essere degli ottimi studenti anche senza 110 e lode, si può essere ottimi atleti senza essere dei fuoriclasse, si può essere degli ottimi cittadini anche senza diventare presidente della repubblica. Potremmo essere tutto quello che vogliamo se solo ne avessimo l'occasione e la possibilità invece no, sempre avanti, sempre più in alto alla ricerca di un successo, di una ricchezza che per i più non arriverà mai. Quel che arriva di sicuro è la certezza del proprio fallimento come uomini anche se pochi hanno l'onestà e l'intelligenza di riconoscerlo. E' preferibile pensare che siano sempre gli altri i responsabili delle nostre sconfitte così la nostra vita si riempie di rancore, di invidia, di sentimenti negativi che ci rendono infelici. Si, ne sono certo, mio padre mi ha insegnato una sola cosa quando mi spingeva ad essere il primo. Mi ha insegnato a perdere.
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