Scuola, maestra di vita
di Leo Spanu
Una volta l'anno, per disposizione del Ministero della Sanità. in tutte le scuole d'Italia, veniva somministrato a tutti gli scolari un cucchiaio di olio di fegato di merluzzo come prevenzione di non si sa quali malattie.
Il giorno fatidico in tutta la città c'era un clima da strage degli innocenti. Le mamme lasciavano le loro abituali occupazioni casalinghe e i padri non andavano a lavorare perchè impegnati a trascinare i figli a scuola. Davanti al portone dell'istituto frequentato da Leandro e compagni, si assisteva a scene strazianti che avrebbero commosso il feroce Saladino. I genitori no, duri e irremovibili
-E' per la tua salute.- Dicevano tutti ma la spiegazione non bastava a calmare i bambini. Chi si buttava per terra, chi si aggrappava alla gamba del padre con presa ferrea. Qualcuno provava a fuggire ma veniva bloccato da un cordone di genitori disposti a semicerchio. Tutti piangevano, qualcun o pregava. Le promesse si sprecavano. Chi sarebbe diventato buono e ubbidiente per sempre, chi spergiurava che avrebbe fatto i compiti e studiato giorno e notte. Un bambino grasso e roseo come un porcellini da latte rinunciò a dolci e caramelle per cinque anni. Una bambina ricca, bionda e bella come un putto di Raffaello, promise che avrebbe regalato tutte le sue bambole alle bambine povere. Anche il figlio del dottore aveva perso la sua alterigia e, con gli occhi gonfi di lacrime, chiedeva perdono anche delle marachelle future. Solo pochi distrutti dal terrore, non reagivano e si offrivano inerti e passivi come agnelli pronti ad essere sacrificati.
Poi il portone si chiuse alle spalle dei bambini e, all'interno della scuola cominciò la caccia ai fuggitivi. Insegnanti, bidelli e anche qualche genitore volontario (-Traditori!-) frugavano ogni angolo della scuola e i bambini venivano recuperati e portati al patibolo. Leandro e Giulio Cesare si erano nascosti nella legnaia, dietro i sacchi di carbone. Inutilmente, un bidello andò a colpo sicuro e li trascinò per il colletto fino alla camera di tortura.
Giulio Cesare fu il primo ad essere sacrificato. Due energumeni in camice bianco lo bloccarono sopra una sedia da dentista, una signora che sembrava la Medusa, teneva in una mano un'enorme bottiglia piena di un liquido giallo-verde, nell'altra un cucchiaio grande quanti il mestolo della polenta. Un bidello si avvicinò a Giulio Cesare. gli aprì la bocca e la tenne spalancata. Leandro chiuse gli occhi per non vedere l'orribile scena poi venne il suo turno.
Si ritrovò bloccato che non riusciva a muovere un dito, gli occhi spalancati verso il cucchiaio che si avvicinava alle sue labbra come un animale maligno. Strinse i denti e lottò con tutte le sue forze. Un liquido nauseante riempì la sua bocca, un odore rivoltante impregnò le narici e la nausea gli salì lungo la gola. Qualcuno gli chiuse la bocca e gliela tenne bloccata. Tutte le cellule del suo corpo cercarono di fuggire. Finalmente quella cosa scese giù e lui divenne una cosa unica con quella schifezza puzzolente.
Per giorni e giorni gli rimase nella bocca e nella mente il sapore di quel liquido rancido e fetido e non c'era caramella o cioccolatino che riuscisse a cancellare il ricordo.
Tratto da I ragazzi della case INCIS, edizioni EDES Sassari, 2012.
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