Odio tutte le vecchie signore
di Leo Spanu
da " A Brescia non c'è la nebbia" Edizioni EDES Sassari, 2018.
Anche la Pasqua fu organizzata dalla signora Ersilia, pranzo e cena nella casa colonica di Comezzano. Una noia terribile per Leo, poi arrivò Valeria e la giornata cambiò colore. Per tutto il pomeriggio il ragazzo cercò di staccarsi dalla famiglia ma nonna Ersilia aveva intuito tutto e controllava nipote vittima consenziente e ragazzo cacciatore di fanciulle indifese anche se figlio di amici di famiglia.
La casa era enorme con orto e giardino per la verità molto trascurato; c'erano locali di servizio, casette malandate, spesso costruite con materiale di scarto, per gli animali specie oche e galline. C'era anche un granaio che da tempo aveva perso la sua funzione e un locale per attrezzi e macchinari perlopiù fuori uso. Tutti reperti di un tempo passato quando l'agricoltura era tutto, vita ed economia, nella campagna bresciana. Leo girovagava curiosando quel mondo pieno di novità e di imprevisti.
Pur provenendo da una famiglia di antica tradizione contadina, non aveva nessuna conoscenza della campagna con i suoi riti e i suoi mestieri, suo padre era fuggito dal paese natio che era ancora un ragazzo e come militare di carriera aveva girato il mondo. Era rientrato a casa il tempo necessario per sposare una ragazzina del posto e poi ancora in giro per città e città con la sua famiglia che cresceva strada facendo. No, Leo era un ragazzo di città e quella casa colonica, molto disordinata e trascurata, sembrava più un museo della cultura contadina di una volta che un'attività produttiva. Leo si domandò se avesse ancora un reddito vero o se invece l'industria, che stava crescendo a dismisura nella campagna bresciana, non avrebbe finito per soffocare quel mondo già antico.
Poi vide Valeria, anche lei era riuscita a sfuggire alla pesante aria festaiola di amici e parenti. C'era qualche pianta rampicante su una vecchia parete e piante di vite a pergola dalle foglie giovani che rubavano l'ultimo sole che se ne andava a dormire. Un piccola angolo di paradiso dove i due ragazzi si ritrovarono abbracciati. Non era la prima volta ma quel bacio a Leo sembrò di sapore speciale, unico con una sensazione mai provata prima. Poi la voce della strega Ersilia quasi li sorprese e ruppe l'incanto.
-Tutti dentro mangiare la colomba.-
Ma chi se frega pensò Leo e poi io " odio tutte le vecchie signore" come cantava Gianni Meccia, un cantante controcorrente di quel periodo.
Quel bacio fece sognare Leo per tre giorni e tre notti poi prese carta e penna e scrisse la sua prima lettera d'amore. La spedì non a casa della ragazza dove mamma Felicina, sempre più uguale a nonna Ersilia, l'avrebbe sequestrata ma nell'istituto privato dove Valeria studiava. Invano attese per giorni una risposta, l'istituto dove studiava e abitava la ragazza era gestito dalle suore e lui con quelle cornacchie aveva sempre avuto poca fortuna.
" Dolce Valeria" cantava uno sconosciuto cantante, uno dei tanti che appaiono e scompaiono senza lasciare traccia. Una meteora, come Valeria che lentamente svanì dai pensieri di Leo, un'altra pagina da conservare nella memoria.
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