Il ventiquattro maggio
di Leo Spanu
Fra le tante “cose” che imparavi a memoria nella scuola elementare dei miei tempi, una era "La canzone del Piave". Forse perché abitavo
nel Veneto e i ricordi della 1° guerra mondiale erano ancora vivi nella memoria della gente del posto. La 2°
guerra invece era invece una ferita troppo fresca, faceva ancora male e probabilmente
era meglio spostare nel futuro i ricordi e le commemorazioni. C’era molta retorica nel cantarla in coro ma
i bambini cosa potevano capire di “l’esercito marciava per raggiunger la frontiera, per far contro i nemici una barriera”.
Ancora oggi ho le idee confuse sui nemici che non conosco e sui muri da costruire per fermarli. Ancora
oggi mi tornano alla mente parte dei versi.
“ Muti passaron quella notte i fanti:/ tacere bisognava e
andare avanti!/ S’udiva intanto dalle amate sponde,/ sommesso e lieve il
tripudiar dell’onde./ Era un presagio dolce e lusinghiero./ Il Piave mormorò:
Non passa lo straniero.”
Ho ripensato a questa canzone ascoltando in televisione la
decisione dell’Austria di chiudere le
frontiere con l’Italia e solo con L’Italia.
I nostri nonni che andarono quasi bambini
a farsi massacrare sulle Alpi, saranno molto contenti da lassù. A Sorso, nel
monumento ai caduti, il primo nome della lista è quello di mio zio, il fratello
di mia madre, disperso in Russia durante la seconda guerra mondiale.
Mia nonna
si è vestita di nero per tutta la vita, non per il lutto ma perché non aveva
una tomba dove pregare.
"Il ventiquattro maggio l’esercito marciava per raggiunger la frontiera."
Il ventiquattro
maggio di oggi è un’altra storia. Ieri, ventitre maggio, era l’anniversario della
strage di Capaci. Un mio amico siciliano che per anni aveva vissuto nello
stesso condominio di Falcone mi raccontò
un giorno che il giudice era un uomo riservato ma molto gentile, forse per scusarsi della scorta che rendeva la vita difficile a
tutti gli abitanti del palazzo. Necessaria ma scomoda.
Oggi, c’è una strana guerra da combattere, niente eserciti
che marciano e niente eroi.
Si è vero che oggi è facile diventare eroi, magari
senza combattere come facevano i nostri nonni e i magistrati e i giornalisti
che sono morti lottando contro il terrorismo e contro la delinquenza
organizzata.
Cuochi ieri e medici oggi, tutti in televisione ogni giorno a
spiegarci come si cucina un virus e come si contano i morti dividendoli come
pietanze.
Il ventiquattro maggio del 2020 nessun esercito in marcia,
solo tanti imbecilli a far festa dopo
giorni e giorni chiusi in casa (non tutti). Il nemico è vinto, è
sconfitto. si può tornare a ridere e giocare. La pandemia è vinta. La messa è
finita, andate in pace.
Speriamo non sia come la scuola dei miei tempi: niente
promozione a giugno ma rimandati a ottobre.
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