Antonio Salis


di Leo Spanu

Ho conosciuto Antonio a metà degli anni 70 per la comune militanza nel partito socialista. 
Non fu amicizia a prima vista: Antonio è stato sempre un uomo molto riservato ed anch’io non ho mai avuto un carattere particolarmente espansivo. 
Nel 1975, con la giunta guidata dal democristiano Giuseppe Carta,  Antonio assunse l’incarico di assessore all’Urbanistica; erano i tempi dei tentativi di assalto alla costa di Sorso. 
Due anni e fu subito crisi. L’onestà e il rigore  di Antonio si scontrarono con interessi vari e lui si dimise: non è mai stato facile lottare contro i signori del mattone. Si perde sempre ed anch’io, quindici anni dopo avrei perduto la mia guerra.
Nel 1980 il dottor Antonio Salis, cancelliere presso il Tribunale di Sassari diventa  il leader del PSI locale, con la morte di Giuseppe Borio il partito è alla ricerca di una nuova  identità e la sezione sembra ritrovare un minimo di unità sotto la sua guida. 
Antonio, nella prima giunta Bonfigli, assume l’incarico di assessore alla Cultura e alla Pubblica Istruzione. Anch’io faccio parte di quella giunta, come assessore ai Lavori Pubblici e alle Manutenzioni. Saranno cinque anni di lavoro entusiasmante  e ricchi di risultati, insieme facciamo cose di gran valore, tra le tante, “ l'invenzione”, davanti alla diffidenza di tutti, della biblioteca comunale e l'avvio degli scavi archeologici nella villa romana di Santa Filitica, e nel villaggio medievale di Geridu. Un collaborazione fattiva tra  persone che imparano a conoscersi, malgrado le differenze caratteriali,  a rispettarsi prima e a diventare amici poi anche se l’ambiente politico non è l’ideale per stabilire rapporti seri. 
Nel 1985 Antonio Salis decide di non candidarsi e tocca a me l’onore e l’onore di guidare il partito socialista.
Ma tutti gli equilibri politici e di partito saltano con l’ingresso nel PSI di Bonfigli . 
I rapporti interni  si deteriorano al punto che finiscono col mettere in crisi l’amicizia tra me e Antonio: è la fine dei nostri rapporti personali. 
Nel 1990 mi ricandido e vengo rieletto. Anche Antonio  si ricandida ma non ce la fa.
Antonio si ritirerà definitivamente dalla politica.
Io chiuderò invece la mia storia politica nel 1995, ma ormai sono un sopravvissuto e non ho più voglia di combattere contro i mulini a vento. 
Intanto il tempo scorre, anni di silenzio con Antonio, poi riprendiamo a parlare. 
Ci vediamo nell’edicola, prima solo un saluto, poi uno scambio sempre più ampio  di opinioni e infine anche un caffè insieme. Siamo due uomini maturi ormai, due persone che hanno smesso di farsi illusioni sulla politica e anche sulle possibilità che l’uomo possa migliorare ma lo diciamo senza rabbia, anzi con ironia leggera, come due vecchi saggi che sanno capire e perdonare.
L’antica amicizia rinasce. Quando presento il mio primo romanzo (2012) nella libreria Koinè di Porto Torres, Antonio è presente con Luciana, la moglie. Il romanzo piace a tutti e due e non sono certo persone dai complimenti facili.
Quando mi dicono che Antonio è malato, è un colpo al cuore. 
Sto cercando di assorbire la morte di mio fratello e mi pongo troppe domande senza risposta. 
Vorrei andare a trovarlo ma mi trattiene la sua riservatezza. Se io fossi malato, non vorrei vedere nessuno, mi sembrerebbe di essere uno spettacolo  triste per spettatori morbosi. 
Mi piacerebbe essere ricordato, se qualcuno vuole ricordarmi, nel pieno delle mie forze, col mio solito mezzo sorriso e non come una cosa fragile e indebolita dal dolore.
Non ho avuto il coraggio di andare a trovare il mio amico Antonio. 
Domani lo accompagnerò nel suo ultimo viaggio. In silenzio.
Ciao Antonio.

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