Mi scappano le acca

di Leo Spanu

Data la quantità dei miei scritti sul blog (quasi quotidiani) ogni tanto mi “scappa” l’errore; il dito sul tasto sbagliato, il pensiero che corre più veloce della penna, una  distrazione, in genere il telefono che suona e una gentile signorina che mi offre  mobili e vestiti a prezzi veramente stracciati. 
E altre mille cause:  suona il campanello di casa, davanti alla porta  un ragazzo barbuto vende fazzoletti di carta, una zingarella con non so che cosa e un gruppo parrocchiale per la festa di sant'Antonio che ti chiede un contributo.
Così  ti ritrovi col refuso, con l’errore di ortografia che il mio maestro di elementari avrebbe segnato con due righe blu e una rossa (era un uomo che amava l’accostamento di colori). Il problema che  spesso hai l’errore sotto gli occhi e non lo vedi; ecco a cosa serviva il correttore di bozze nei giornali e nei libri, a evitare strafalcioni  ed errori clamorosi.
Uno scrittore che mette una h (acca) nel posto sbagliato è come un calciatore che sbaglia un rigore. 
A volte non succede niente e si vince lo stesso la partita, altre volte si finisce  col distruggere un articolo. Con i libri è più complicato. Ho pubblicato due romanzi e  i refusi sono lì come un dito puntato. Non ne ho colpa ma fanno male lo stesso, sono piccoli cicatrici che rimangono come macchie sulla pelle.
Ore e giorni magari per trovare la parola giusta e una lettera sbagliata si infila invisibile nei tuoi pensieri. La tecnologia moderna poi ha aggiunto nuove pene e dolori. 
Il computer è uno strumento utilissimo per uno scrittore però a volte ti inganna. Non mi riferisco al correttore automatico che, essendo analfabeta, corregge le parole giuste. Io l’ho eliminato da anni, da quando ho dovuto sudare sangue per insegnargli il mio nome: mi chiamo Leo, un nome cortissimo e facile quasi impossibile da storpiare. Il correttore implacabile mi offriva  molte varianti, non si arrendeva mai..
Il problema è il tasto che non sempre risponde alla pressione del tuo dito; niente di importante ma tu che devi fare una recensione del film Qualcuno volò sul nido del cuculo rischi di volare su altre  parti meno nobili.
Se poi hai delle dita appena grassocce, colpisci due tasti in un colpo solo e ti vengono  dugonghi, dittonghi e trittonghi  da commuovere l’Accademia della Crusca. 
Già mi incasino coi tasti del telefonino che richiedono delle dita a spillo ma col computer no, per favore, abbiate pietà della mia vecchiaia, dei miei occhi stanchi e  cercate di costruire strumenti  e attrezzi di normali dimensioni per persone di normali dimensioni. 
Basta col piccolo sempre più piccolo, basta col mondo che deve stare in una tasca, con la Treccani in un orologio da polso, tutta la vita in un necrologio,  l’allegria in un selfie.
Basta con la semplificazione della burocrazia: oggi con i sistemi ultrameccanizzati  non riesco più neppure  a mettere una semplice firma.
Oggi se devo fare la cacca fuori casa,  mi servono tre autorizzazioni del comune (due versamenti in conto corrente e un bonifico per le relative tasse), la firma di moglie e figli e possibilmente l’avallo di una zia emigrata in Australia, l’attestazione dell’applicazione  dell’art. 6 comma 1 del decreto sulla sicurezza (vietati i rumori molesti), la carta d’identità valida per l’espatrio, un biglietto del treno Torino-Lione regolarmente  obliterato (casomai approvino la TAV), una  assicurazione contro la caduta degli alberi sulla macchina di mia nonna che abita a Roma, la figurina di Giggiriva quando il Cagliari vinse lo scudetto.
Ci sono momenti in cui capisci la stitichezza, quello che non capisco è perché sono passato dalla acca alla cacca.

P.S.
Se trovate un errore in questo articolo ricordate che se sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Ed io nella mia data di nascita ho tre 6 (sei)

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