Son morto che ero bambino
Francesco Guccini
riletto da Leo Spanu
Son morto che ero bambino, son morto con altri cento, passati per il
camino ed ora siamo nel vento.
Guardo la foto di quel bambino morto con il viso immerso nell’acqua mentre la risacca dolcemente lo accarezza e lo culla. Quante urla e grida
per un istante e poi il silenzio come una pietra sulla nostra coscienza. Fino
al prossimo bambino che galleggia in mezzo al mare. No, sbaglio io, è un bambolotto mi hanno detto, un pupazzo, lo sostengono
uomini e donne sedute davanti al televisore, al computer, uomini e donne che sanno tutto della vita, dell’amore, della morte. Tutta gente che giudica
senza dubbi e senza pietà, gente che condanna senza appello.
Ad Auschwitz c’era la neve e il fumo saliva lento, nei campi tante
persone che ora sono nel vento.
Ho sempre amato l’inverno con le sue giornate senza colori e
il freddo che ti punge il volto e ti fa sentire vivo. E poi basta staccare un
attimo, chiudere gli occhi ed ascoltare il vento, i profumi che porta da lontano. No le voci no,
quelle sono svanite quando abbiamo perso la capacità di ascoltare i nostri
pensieri più veri, quelli che vengono
dal cuore. Sono stato una volta in un lager nazista, l’ho già raccontato.
Quello che non ho mai confessato è che ho alzato
gli occhi al cielo per vedere passare le nuvole e magari disegnare il volto di
quel bambino portato dal vento. L’ho fatto per rendere meno pesante la mia vergogna, perché
non riuscivo e ancora non riesco a capire quando un uomo è davvero un uomo.
Ad Auschwitz tante persone ma un solo grande silenzio. E’ strano non ho
imparato a sorridere qui nel vento.
E’ strano, siamo sempre tanti eppure c’è troppo silenzio. Forse è solo indifferenza al dolore degli altri. Si può morire per mille e più ragioni; non ce n'è una che valga la vita di una
sola persona.
Così ogni giorno muoiono a migliaia e forse più: uomini, donne e bambini. Come foglie che l’autunno strappa dal ramo poi il vento se le porta via. Ormai sappiamo urlare solo il nostro odio verso gli altri, la nostra paura degli altri e come una bandiera bianca sventoliamo, in segno di resa, la nostra perduta umanità.
Così ogni giorno muoiono a migliaia e forse più: uomini, donne e bambini. Come foglie che l’autunno strappa dal ramo poi il vento se le porta via. Ormai sappiamo urlare solo il nostro odio verso gli altri, la nostra paura degli altri e come una bandiera bianca sventoliamo, in segno di resa, la nostra perduta umanità.
Saremo sempre a milioni, in polvere qui nel vento.
Commenti
Posta un commento