Guai ai vinti
di Leo Spanu
L’Italia è un paese di gente che non sa vincere. L’ultimo
della serie è Luigi Di Maio, capo incoronato dei grillini che, vincitore morale
delle elezioni politiche del 2018, cede la corona e lo scettro ad un illustre sconosciuto che per
motivi ignoti va a tuffarsi in un mare pieno di pescecani.
Tutta
vanità. solo vanità cantava Angelo Branduardi in quel capolavoro del cinema
italiano che è il film di Luigi Magni "State buoni se potete"
(no, non si rivolgeva agli elettori del PD, leggermente incazzati per cavoli
loro) .
Il ragazzo che sorride ( no, non è Albano) vince, ringrazia
e se ne va.
Qualche tempo fa un altro non si era accorto di aver vinto
(anche se di poco) le elezioni: Pierluigi Bersani. Si era talmente convinto di
aver perso che ormai è diventato un perdente cronico. Dove va lui
finisce a schifio. Dev’essere una
maledizione della sinistra italiana.
Un precedente storico ( di ben altro
valore) riguarda Enrico Berlinguer, segretario del Partito Comunista
Italiano. Nel 1976 poteva vincere le elezioni superando, per la prima volta
nella storia della repubblica, la Democrazia Cristiana partito padrone del nostro paese. Inventò la strategia del
compromesso storico (1) per andare ad un accordo per superare quella che veniva
definita all’epoca la conventio ad excludendum:
in pratica l’impossibilità per il PCI di andare al potere.
Bisogna considerare
le condizioni politiche di quel periodo. L’Italia faceva parte dell’alleanza della Nato e aveva il più forte partito
comunista dell’occidente. L’Unione Sovietica, con tutti suoi stati europei satelliti
( quelli che con la crisi del comunismo sarebbero poi entrati nella comunità
europea portando dentro più rogne che vantaggi) era un nemico da combattere. La
vittoria del comunismo in uno stato sicuramente democratico come l’Italia
poteva essere pericolosa per l’Italia stessa.
La storia dirà se la scelta di stare con l’occidente da parte di Enrico
Berlinguer fosse giusta ( io ritengo di si) ma ciò non toglie che le elezioni
politiche del 1976 furono vinte ancora una volta da una Democrazia cristiana divisa e spaventata dal rischio sorpasso.
Dopo quelle elezioni cominciò
una nuova fase politica, quella del consociativismo
ma questa è un'altra storia. Una curiosità; fu in quell’occasione che Indro Montanelli
inventò lo slogan Tappatevi il naso ma
votate DC. Il PCI prese oltre il 34% dei voti contro il 38% della DC. Un successo clamoroso.
Potremmo trovare altre storie di “fuga dalla vittoria”. Dev’essere
nel DNA degli italiani.
In America Trump vince e subito si mette a realizzare le promesse fatte durante la campagna elettorale. In Italia che
vince (anche senza avere una maggioranza) si mette a cambiare i programmi
elettorali con una velocità che neanche Superman.
Per la serie : Ragazzi, vi
abbiamo promesso uno stipendio senza lavorare ma stavamo scherzando.
Credo che la vera malattia italiana sia l’incapacità ad
assumersi qualsiasi responsabilità.
Uno
si fa eleggere sindaco del suo paese promettendo mari e monti poi si arrende perché: 1) non ci sono soldi;) 2)
ho le mani legate; 3) chi ci ha preceduto ha fatto terra bruciata; 4) comanda la burocrazia; 5 ) ci
sono troppe leggi); 6) l’opposizione fa ostruzionismo; 7) Abbiamo dato mandato
ai tecnici; 8) Ci serve il parere degli esperti.
E così via all’infinito.
Quando non si vuole fare si trova sempre una scusa e quando le scuse sono
esaurite c’è sempre il destino cinico e baro che ce l’ha con noi.
In questo paese
bisognerebbe imparare vincere ma, nel frattempo, guai ai vinti: cioè noi.
NOTE
1)L’altro protagonista di quella stagione fu Aldo Moro. La destra di Giulio Andreotti
era contraria al compromesso storico e anche il Partito socialista.
Difficile stabilire ieri e, credo anche oggi, chi avesse
ragione. Ma molto probabilmente quella scelta politica portò Le Brigate Rosse a
rapire e uccidere l’onorevole Moro.
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