Divento scimmia

di Leo Spanu

La canzone che mi fece conoscere e apprezzare  Neil Sedaka, uno fra più orecchiabili cantautori di tutti i tempi, fu  I go ape (1959). La traduzione letterale del titolo è: vado scimmia, cioè vado fuori di testa, divento matto. Si tratta di una canzone d’amore dove il cantante dice di  andare in bestia ogni volta che vede il sorriso della sua ragazza. A me piace di più  l’espressione “divento scimmia” anche se non ho mai fatto le boccacce e le facce da scimmia per nessuna ragazza. 
Nel 1982 anche Peter Gabriel con Shock the monkey impazzisce per amore e diventa una scimmia.

Dev’esserci una strana relazione tra l’amore e il regredire allo stato scimmiesco.
Cos’è questa voglia di risalire sugli alberi dai quali siamo scesi, almeno stando ad alcune teorie dell’evoluzione?  Forse è la nostalgia di quando ci dondolavamo sui rami. Peccato che ormai non abbiamo più i piedi prensili ma in compenso ci facciamo prendere per parti meno nobili  da profeti, tromboni televisivi e politici  di seconda scelta . 
Altri cantanti hanno musicato le loro reminiscenze animali. Nel 2017 uno si è presentato al Festival di Sanremo con uno scimmione ballerino e ha vinto. Segno che in tutti noi c’è qualcosa di ancestrale che vuole riportarci al passato  quando non avevamo bisogno di parole per capirci. Bastava urlare suoni gutturali come uh-uh per comunicare, gesticolare in continuazione per esprimere i nostri sentimenti. Mangiavamo banane, magari  con la buccia, senza  essere criticati da arcigni cuochi semidei; i più maleducati facevano anche vedere le chiappe in segno di spregio o per attirare la curiosità di femmine arrapate con relativa rabbia di concorrenti gelosi.
Si, bei tempi, quando non esistevano le gabbie dello zoo e tu potevi essere la scimmia che volevi: uno scimpanzé che lavora nei film diTarzan; una bertuccia, la sorella minore di Berta, quella che filava la lana; un gorilla prima che l’abuso di steroidi lo trasformasse in King Kong;  un mandrillo, quello famoso perché sta sempre a  escobar ;  un orango tango,  un ballerino che neanche Roberto Bolle.  
Il macaco no, lui è  uno stupido totale e neppure il babbuino che non brilla per intelligenza.

Ci sarà pure una ragione se da decenni ci  propongono in continuazione film  sul pianeta delle scimmie con relativi effetti collaterali. Li ho visti tutti o quasi, otto o nove,  e non ho ancora capito cosa siamo.

L’artista canadese Winnie Truong (1988) nel frattempo ipotizza come diventeremo nel futuro: donne, uomini e scimmie. Un unicum niente male!












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