Storia di un insegnante (R)

Da Cartoline e dintorni

Pagine della memoria: Storia di un'insegnante

La mia insegnante di lettere (italiano e latino) delle medie era una donna piccola e minuta, di età indecifrabile tra i trenta e cinquant' anni. Di aspetto insignificante, anzi decisamente bruttina; le rare volte che sorrideva rassomigliava in modo impressionante ad un teschio. Amava totalmente il suo lavoro, non aveva altro nella vita. Nubile, viveva con la sorella in un piccolo appartamento vicino alla sede centrale della scuola. Un' esistenza molto riservata e solitaria. Si era messa in testa che io fossi un ragazzo con un' intelligenza superiore alla media. Ero il suo allievo preferito, il migliore che avesse mai avuto. Mi voleva bene come  una madre triste. Una volta mi regalò un libro (costoso) di speleologia. Era il periodo in cui  mi ero appassionato a quella materia. Quando rischiai di essere espulso da tutte le scuole d'Italia (avevo buttato fuori dalla finestra un ragazzo, banco, sedia e tutto; per fortuna la finestra si affacciava su un corridoio interno perchè l' aula era situata in una soffitta al quinto piano) mi aveva difeso con una grinta e una passione tale che non avevo subito nessuna (giusta) punizione. Anzi, a fine anno scolastico, avevo ricevuto il mio bravo attestato di primo della classe con libro allegato.
Finite le medie mi iscrissi al liceo e la cancellai dalla mia vita. Ogni tanto la vedevo da lontano e cambiavo strada per non incontrarla. Lei, negli anni successivi,  andava sempre a cercare mio padre per avere notizie sui miei studi. Non si lamentò mai del mio comportamento ma mio padre, uomo piuttosto calmo e paziente, contestava con irritazione il mio modo d'agire. Io ero indifferente. A volte si riesce a raggiungere livelli incredibili di stupidità ed io ero un  ottimo rappresentante. La mia carriera scolastica al liceo fu agli antipodi di quella dello studente modello.
Quando mi guadagnai faticosamente la maturità, lei accolse la notizia (da mio padre) con uno dei suoi rari sorrisi. A pensarci bene, c' era in quel sorriso, una dolcezza che  ho visto solo nei dipinti di  alcune madonne del Rinascimento. Con l' adorazione che solo una madre ha verso il figlio.

Peccato che io non creda nell'aldilà. Mi sarebbe piaciuto incontrarla, quando avrò chiuso i miei conti con la vita. Per dirle che non si era sbagliata a credere in me. Il suo ragazzo si era perduto ma si è ritrovato. Il suo ragazzo poi ha capito. Grazie.

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