Giovanni Baraca (R)
Giovanni Baraca. Poesie
politiche
di Leo Spanu
Giovanni Baraca. “
Chi era costui?” direbbe il don Abbondio di turno. In effetti alcune
corrispondenze inviate dalle Poste Italiane in via Largo Baraca, con Largo che diventa
un nome proprio, possono ingenerare qualche dubbio. Non è il caso dello
studente sassarese che, al professore che gli poneva una domanda “facile,
facile” come Dimmi il nome di Garibaldi? rispose felice e contento: Questa la so: Emiciclo! Giovanni Baraca
( con una c) non è neppure l’aviatore (Francesco Baracca con due c) precipitato
con l’aereo durante la prima guerra mondiale (come sempre, morire è un buon
metodo per diventare eroi e famosi!). Più semplicemente era un poeta e
scrittore di Sorso. Per chi volesse approfondire la conoscenza di questo
artista consiglio la lettura di un bel saggio uscito sulla rivista la Frisaia ( marzo- aprile
2006) opera di Giampiero Congiata, un
giovane studioso di Porto Torres. In questo articolo mi limiterò a ricordare e
commentare qualche verso di questo valido poeta, anche lui finito nella lista
dei dimenticati o quasi.
Sulla Sardegna
Chi non conosce la Sardegna ? Ognuno, / o a
dritta o a manca, o per poppa o per prua, / di conoscenza tal non è digiuno / e
sul conto di lei dice la sua. / Eh! Se
ne dicon tante a’ di presenti / grosse, piccine e senza complimenti ./ Chi se
la guarda ancor coll’opinione / che Dante appiccicava alla Barbagia ;/ chi la
dipinge, e crede aver ragione / un Malebolge, una selva selvaggia; / chi la
dice un inferno addirittura / senza scomporsi e con disinvoltura. / Ed io udii
tutti questi giudizi /cantarmeli sul viso a tutti i passi. /Uh la Sardegna ! È una fogna di
vizi: / Uh i sardi! Son peggio de’ turcassi: / Uh che barbari!... Auf Dio li
perdoni. / Mi fecero venir le convulsioni. /
E non basta. Ad
accrescer la molestia, / un che puzzava un poco di gazzette: / disse, che il
Sardo è un bel tocco di bestia / bisbetica agli avvisi e alle bollette; / tira
calci, dà morsi, alza la coda,
/ ragghia forte, si
muove e mai sta soda. / O miei Sardi, succiatevi anche questa: / chi non lo sa?
Siete razza di cani.
Così raccontava Giovanni Baracca nel 1869. Oggi le cose sono
naturalmente diverse. E migliori. Chi non conosce e adora la Costa Smeralda , coi suoi
sceicchi d’oro, i Berlusconi e i berluschini di contorno, i prenditori (pardon
imprenditori !) d’assalto, attori,
cantanti e “giovin fanciulle con le gambe aperte”. Questa è la Sardegna vera! E non sarà
un poeta acido e invidioso, oltretutto di Sorso che può velare con le sue
parole velenose tanto paradiso. Vero è che anche altri sardi, certamente rozzi
e ignoranti, stanno sporcando la bella immagine della nostra isola. Quei minatori del Sulcis, a trecento metri di
profondità a lamentarsi: altri operai in alto a far casino su ciminiere e
torri. Ma con i piedi per terra non ci sta nessuno in questa regione? Certo:
gli operai della Vynlis spediti all’Asinara come una volta si mandavano i
galeotti, che di sicuro a terra hanno anche altre parti del corpo non solo i
piedi. I giovani invece non stanno nè in cielo nè in terra. Eterni disoccupati
aspettano un lavoro disperati come un detenuto in attesa di giudizio. Sono
tornati ad essere come i sardi dei versi di Baraca: brutti, sporchi e cattivi.
Il vantaggio dei veri poeti è che possono parlare agli uomini
di ieri e di oggi. Il tempo passa sulle nostre storie ma il messaggio non perde
d’attualità,
Coi vostri governanti
governati, / voi foste, molto no, ma un
po’ lunatici,/ un pochetto smorfiosi, un pò scappati. /….. Dunque? Tacete e
riempite la sacca. /
Si potrebbero fare
molte osservazioni sul tema ma è meglio lasciare le conclusioni al poeta.
Sardi, da bravi: non fate gli automi ,/ non state, no, come frate in
cocolla: / mostratevi un po’ discoli ed
indomi / con chi vi tosa, vi munge e smidolla;/ studiate di parer per più
rapporti / diavoli vivi, anziché
santi morti ./ Così, miei cari, alla
fin fine, tutti / i colli torti, e tutti i sanfedisti, / chiarissima genia di farabutti / non vi battezzeran per
anticristi; / né alcuno più v’appellerà ferini, / parodie di macacchi e
beduini./
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