I bambini di Bucarest
di Leo Spanu
A proposito di bambini, ancora un vecchio articolo, recuperato perchè ci sono storie che devono essere ripetute periodicamente tanto non interessano a nessuno salvo quelli come Luca.
Ana che aveva gli occhi
azzurri
Il mio giovane amico Luca
Maricca mi ha inviato il suo diario (di cui sono stati pubblicati alcuni brani
nel precedente numero del Corriere Turritano): Romania 2014 “ Io sono!... un
clown”.
Luca fa il libraio e lavora
presso la Koinè
di Porto Torres. Le ferie e, quando può, il tempo libero li dedica ai ragazzi
di strada della Romania. Armato solo di un naso rosso e della sua sofferta
umanità, cerca di regalare un sorriso ed una speranza agli ultimi degli ultimi.
Il suo diario è di una bellezza straziante, meriterebbe di essere portato
all’attenzione di tutti, di essere letto integralmente da quelli, forse troppi,
che preferiscono girare lo sguardo da un’altra parte. Ma lo spazio è tiranno.
Con la sua autorizzazione, mi permetto di aggiungere qualche altra piccola
storia e di raccontarla a modo mio non perché mi ritenga più bravo di lui nello
scrivere ma semplicemente perché così mi sembra di essere, per un attimo,
anch’io insieme a quei ragazzi. Anche se solo col pensiero.
Bucarest è una città
bellissima, piena di storia e di memorie artistiche poi c’è “l’anima nera”
della città. Una terra di nessuno dove la popolazione rom rovista tra la
spazzatura litigando con i cani, dove i senzatetto e i ragazzi di strada vagano
senza tempo ai bordi di un canale sotterraneo. Urlano e gesticolano; qualcuno
sniffa la colla dentro un sacchetto di plastica. E’ il popolo degli invisibili,
quelli che nessuno vuol vedere. Gli invisibili come George.
George ha 26 anni , da sempre
vive nella strada, ha l’HIV, epatite, tbc
e tutto lo spettro delle malattie infettive,
è un eroinomane cronico, ed è stato trovato per le strade che non si alzava da
giorni da terra. Era stato recuperato una volta come giocoliere, per dare
un senso alla sua vita, poi di nuovo la ricaduta. All’ospedale
gli danno sei mesi di vita… sembra abbia 70 anni, la pelle del viso screpolata, senza denti e capelli ma
promette di non farsi più con l’eroina e la colla. Si sa, sono solo promesse di
marinaio.
Giovedì 13, al pomeriggio,
c’è l’incontro più atteso e più temuto.
Nella piccola sala stretta ci sono circa 15 ragazzi di
età indefinita…. corpi con deformazioni, lacerazioni nella pelle, un
lezzo difficile da sopportare, una ragazza piange in continuazione disperata,
hanno stracci per vestiti, si
infliggono dolori fisici per non sentire quelli dell’anima, hanno movimenti
auto-consolatori esagerati, uno
raccoglie qualsiasi cosa da terra e la mette in bocca, si nascondono dietro
braccia magre, sono quasi tutti senza
denti e, se li hanno, sono marci, sono soli; ci sono ragazze senza seno ed
altre lo hanno enorme.
Mentre scrivo queste righe tremo, mi rannicchio come
un feto, piango, piango senza freno ma non per loro. Piango per questo mondo
che indifferente non li vuole riconoscere ed accettare. Dove siete persone pie
devote al vostro dio, al vostro budda, al vostro individualismo, al vostro
edonismo e devote all’estetica. Dove siete perbenisti e benpensanti, maestri ed
imbonitori solo nei media, progressisti da salotto, conoscitori solo del vostro
tutto così povero, poco ed effimero, poveri che siete!
Ma bisogna reagire e allora
con un bel naso rosso comincia il girotondo. Questi bambini bisogna prenderli
per mano, alcuni sono diffidenti, altri non mollano più la mano. Pochi ordini,
dei giochi motori con un palloncino; due ragazzi, Daniela e Andrei guidano il
gioco e si sentono importanti perché sono responsabili del risultato. Anche la
ragazza che piangeva disperata si calma. L’ora si conclude con i ragazzi che
colorano i loro nomi per terra. Sono più tranquilli. Il primo impatto è stato
positivo ma c’è tanto da lavorare. Sarà molto dura.
Giorni di impegno pieno e
faticoso, qualche piccola vittoria quando quei ragazzi senza sogni diventano
bambini che giocano ma spesso andando
via le solite scene forti: un bambino
piccolissimo che piange sbattendo la
testa ad una porta, una ragazza ci mostra il suo minuscolo seno ed un ragazzo
porta in giro la sua erezione in pantaloni eccessivamente stretti, hanno tutti
indumenti o troppo stretti o troppo larghi, rotti e consumati, tanti tengono su
i pantaloni con le mani o con dei lunghi lacci, hanno tutti capelli rasati, si
fa fatica a volte a distinguere una donna da un uomo, qualcuno non ha le scarpe
e se le ha le ha troppo larghe e rotte. Ma non bisogna arrendersi.
Ana è una bambina di sei
anni, timida, dolce, attenta ai suoi
amici, gli abiti sempre intrisi di odore di fumo del camino, bella come la meraviglia. E’ una del gruppo che il
padre vuole portare via dall’istituto. Il padre la picchia spesso, la madre ha
problemi psichici e di alcol. Ci sono altri due figli e tutti vivono in una
casa di una sola stanza. Ana, con i suoi
capelli chiari e gli improbabili scarponi troppo grandi ai piedi. Ana che
stringe gli occhi e sorride. Ana che ha gli occhi azzurro cupo come il mare
davanti alle scogliere di Balai quando strati di nuvole bianche e grigie velano
il cielo. Come le lacrime nascoste di un clown quando ha gli occhi velati
mentre ride e fa ridere dei bambini perduti.
NOTE
Varie organizzazioni di
volontari lavorano a Bucarest. Tra queste Parada con cui collabora Luca
Maricca.
I corsivi sono tratti dal diario di Luca.
Porto Torres: spiaggia di Balai
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