Storie di naia: Foto di gruppo con pecora (R)

Ho raccontato diverse storie della vita militare, quando la naia era obbligatoria. 
Si possono dire molte cose contro il servizio militare; personalmente la mia esperienza è stata un'avventura, nessuna noia, tante cose assurde ma anche una scuola di vita utile e formativa. Poi ho avuto la fortuna di finire tra gli alpini, fatto abbastanza raro all'epoca e ho capito che alpini non si nasce. Si diventa e si rimane tali per tutta la vita. Per chi vede nei soldati solo truci e feroci guerrieri basta vedere il dinamismo e la generosità degli alpini in congedo, ieri e oggi: dove c'è bisogno di aiuto loro sono sempre presenti, terremoti, coronavirus e dove serve. 
Un saluto a tutti e cominciamo con un racconto che, spero, possa regalare qualche sorriso.
Il racconto  è stato pubblicato su questo blog il 28 settembre 2015.

di Leo Spanu

Una vecchia fotografia. Anno 1968, località imprecisata e segreta tra le cime delle Alpi (si tratta di una base  militare). Io sono quello in fondo, quello che sembra più alto per via del taglio di capelli che oggi va tanto di moda, rasati ai lati e alti sopra. E sorrido pure forse al pensiero che per un paio di giorni mangeremo carne, le pecore della foto.
La storia nasce così: i rifornimenti non sono molto regolari, la qualità del cibo è quella tipica dell’esercito cioè scadente e a vent’anni hai sempre un appetito senza limiti.
Sopra di noi solo neve perenne e un cielo da cartolina, sotto verdi vallate dove pascolano pecore allo stato brado e, all’orizzonte, nemmeno un paese dove comprarsi un panino con lo speck o una brioche. Parte così la battuta di caccia: pecore certo, non ci sono mica i leoni tra le valli delle Alpi e comunque noi combatteremo a mani nude, niente armi. Sono anni che gli alpini “cacciano pecore”.
I pastori lo sanno, fanno finta di non sapere e quando presentano il conto  al Comando Militare, barano spudoratamente sul numero delle vittime. Il Comando evita di fare inchieste sulle pecore divorate dagli affamati soldati anche perché la base è sotto il controllo dei carabinieri e il brigadiere che divide la postazione con noi rappresenta si la legalità  ma i suoi uomini  hanno più fame di noi. Quindi pecora fritta sia!
Decido di partecipare anch’io alla battuta di caccia e finisco, per la mia solita fortuna, col lottare con un giovane animale  di oltre venti chili, che non ha nessuna intenzione di collaborare.
Comincia così un combattimento degno di  lottatori di sumo. Strettamente  avvinghiati finiamo per rotolare lungo un tappeto verde che sembra non finire mai. Quando la lunga discesa finisce i miei compagni sono lontani, poco più grandi di puntini neri oltre il crinale.
Senz’altro  hanno già una preda e rientrano alla base. Ed io che faccio? Abbandono la pecorella al suo destino e torno indietro a mani vuote? Giammai !
Provo a prendere l’animale per il collo e a tirarlo ma quello si butta a terra e fa resistenza passiva. Cacchio quanto pesa!  E poi dove ha imparato le regole della guerriglia urbana.
A trascinarlo qui ci vuole un mese ed io ho al massimo un’ora prima che faccia buio.
Provo a minacciarlo. Niente. Provo anche con le buone: “ Dai non puoi farmi fare brutta figura con gli amici.”
La pecora mi guarda con i suoi occhi mansueti. Mi sbaglierò ma ho il sospetto che fra i due lo scemo sono solo io. La riprendo per il collo e comincio a tirare. Dopo cinque minuti sono in un bagno di sudore, sto sbuffando come un vecchio treno e non abbiamo fatto neanche cinquanta metri.
E per rientrare devo fare quasi un chilometro in salita. Mi arrendo. Decido di abbandonare l’animale al suo destino e tornare a casa con le classiche pive nel sacco.
La pecora lentamente comincia a seguirmi.  Avanzo lentamente, mi giro e lei continua a seguirmi. Arriviamo così al campo base, io davanti e lei dietro.
Quando i miei commilitoni, per niente preoccupati del mio ritardo, mi vedono arrivare seguito dall’animale, commentano:  -Bravo! Non c’è niente da fare, voi sardi siete pastori nati.-


P.S.
1) Naturalmente la storia è inventata. Resta il mistero di due pecore fotografate con un gruppo di militari di un reparto antiterrorismo.


2) Ricetta. Siccome la carne di pecora rimane  un pò indigesta ed ha un gusto nauseante, conviene tagliarla a dadi e friggerla in un tegame con olio di semi molto bollente. Aggiungete poi  un pizzico di sale e di fame arretrata  così la carne diventa buona, molto buona.

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