Le anime morte

Le anime morte
di Leo Spanu

La storia non si svolge in Russia come nel famoso romanzo  di Nikolaj Gogol  “Le anime morte” ( che tutti abbiamo certamente letto?) ma in un paese molto più vicino a noi. 
E’ una storia di anime non ancora morte ma che pagano in anticipo le spese per la futura dipartita. La mia nonna materna, quando ero bambino, una volta mi aveva parlato di “anime purganti” ma io non avevo voluto approfondire perché l’espressione mi suggeriva  sgradevoli forme di evacuazione fisiologica.  
Scoprii, anni dopo, che la nonna aveva già pagato almeno cinque vestiti da morto, una dozzina abbondante di scarpe (sempre da morto) e un numero indefinito di casse (da morto, ovviamente!) e capii che le “anime purganti” avevano dei punti in comune coi  protagonisti del romanzo di Gogol: i russi  morti e sepolti  ma  vivi per la burocrazia e quindi tassati. I sardi (di Sorso per la precisione) al contrario decisamente vivi ma sempre tassati e forse pure tartassati. 
Scoprii inoltre  che la “bandiera”  non era  il tricolore da sventolare il 2 giugno per la festa della Repubblica ma un vecchietto ingobbito con tricolore nastrato a lutto, che seguiva stancamente il funerale di un socio (o socia) che per tutta la vita aveva pagato più volte il suo ultimo viaggio.
Naturalmente  il pacchetto per “il lieto evento” prevedeva tutta una serie di servizi compresi nel prezzo: cassa in legno verniciato per funerale di terza classe ( con maggiorazione economica degli eredi si poteva salire di categoria), il vecchietto di cui sopra e un piccolo gruppo di soci accompagnatori con artrosi ma in grado di deambulare al seguito   della bara.  Prete e benedizione  compresi oltre ad un certo numero di manifesti mortuari incollati nei punti chiave dei muri del paese. Non so quanti funerali si sia pagata mia nonna ma il suo viaggio era garantito da decenni di abitudini e usi rispettati.
Quando mai si  ruba ai morti  o agli aspiranti morituri?
Ebbene si!  In questa società dove tutto ha un prezzo il furto è probabile, anzi è possibile, sicuramente è certo. 
Anni fa, a Sorso, un gruppo di “disoccupati”, durante le festività dei morti, vendette fiori e piante prelevate direttamente dalle tombe del cimitero e per non perdere tempo piazzò  le bancarelle  all’ingresso dello stesso.  Dal produttore al consumatore e viceversa, a getto continuo come in una catena di montaggio. 
Poca roba rispetto ai buontemponi che rubarono il cadavere di Mike Buongiorno e niente al confronto  dell’imprenditore napoletano che vendeva una bara “multiuso”. Per spiegarci meglio, dentro la cassa (di legno pregiato) c’era nascosta una cassa più piccola ( di legnaccio) dove veniva amorevolmente sistemato il morto. Quando la bara veniva inumata durante la cerimonia tutto procedeva secondo norma.  Poco dopo l’imprenditore recuperava l’involucro di lusso (con fondo apribile)  da utilizzare per un funerale successivo, mentre il defunto rimaneva tranquillo nella sua più modesta cassetta. Del resto in periodo di crisi bisogna pur arrangiarsi.  Alcuni infermieri  degli ospedali vengono ”omaggiati” quando segnalano ad impresa amica (di pompe funebri)  improvvise, e meno, dipartite da questa valle di lacrime.
Ma per tornare alle anime morte ( a proposito il romanzo è stato scritto nel 1842 da Gogol durante una sua permanenza a Roma: una coincidenza?) i significati assunti, nel corso del tempo, da questa espressione sono diventati vari e molteplici. 
Abbiamo avuto morti non dichiarati per continuare a percepire la pensione INPS; un nipote particolarmente affezionato ha conservato, a lungo, il cadavere della nonna nel frigorifero. 
Del presidente della Jugoslavia Tito, si mormorava che fosse stato imbalsamato e dichiarato morto solo dopo dieci anni. Questo per evitare che la penisola balcanica esplodesse come in realtà è successo.
A Sorso si racconta di un signore anziano che si presentò allo sportello dell’ufficio INPS di Sassari per chiedere notizie sulla sua pensione improvvisamente scomparsa. Un rapido controllo sul computer e il funzionario  emise la sua sentenza: Lei è morto. Invano il simpatico sorsense, dopo essersi massaggiato abbondantemente gli zebedei, cercò di convincere l’impiegato che non solo era vivo ma quel giorno   si sentiva anche particolarmente in forma. Niente da fare, il granitico e incorruttibile burocrate confermò: Il computer dice che lei è morto. A quel punto, visto che ancora non esistevano vetri divisori (aggiunti poco tempo dopo) l’arzillo vecchietto con una mano prese per il bavero l’imbecille e con l’altra gli rifilò due sonori ceffoni. Poi aggiunse: E adesso denunciami pure. Tanto io sono morto!
Ora leggo nella cronaca locale che nel 2014 a Sorso ci sono stati molti decessi. Anche Totò, in una famosa lettera, si lamentava che al suo paese:  “ quest’anno c’è stato una grande moria delle vacche”. Da noi invece sembra che ci sia stata una “ grande moria”  di soci di una benemerita e storica associazione, tale da svuotarne  la cassa.  Accidenti che sfortuna!

Pubblicato sul Corriere Turritano nr. 4      Aprile 2015

NOTA AGGIUNTIVA

Il quotidiano locale ha riportato la notizia dell’improvviso ammanco di cassa di un’antica e ricca associazione di pensionati che per decenni si è occupata dell’ultimo viaggio dei tanti soci. La magistratura accerterà eventuali reati, intanto qualcuno dei responsabili ha dichiarato che l’improvvisa causa della crisi economica dell’associazione è dovuta ai troppi decessi in troppo poco tempo. Un avviso quindi ai nonni di Sorso: vietato morire.

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