Paola Gabbi: professione maestra (R)
di Leo Spanu
Ho conosciuto la signora Gabbi per uno
dei tanti casi stravaganti della vita. Mio figlio entrava per la
prima volta nel mondo della scuola avendo per insegnante proprio la
signora Paola, più nota come maestra Ricci, dal cognome del marito,
anche lui insegnante. Non sapevo nulla dell'ambiente della scuola di
Sorso di allora. Non sapevo che c'erano insegnanti di serie A e gli
altri a scalare. I genitori dei bambini che dovevano entrare in prima
elementare facevano a gara ad avere le maestre più gettonate per i
loro pargoli. Raccomandazioni, estrazioni guidate e tutto il classico
armamentario del piccolo mondo di paese. Anche a me fu offerta la
possibilità di avere una maestra “migliore”.
Ero un esponente della politica locale e come spesso accade, si va sempre in aiuto dei più forti. Naturalmente rifiutai. Ho sempre cercato di evitare di nuotare nel mare dell'imbecillità: troppo affollamento. La classe della maestra Paola fu sconvolta e rifatta e alla fine rimase sola la “sciuscia” (mondezza?) come il lessico locale definisce le classi meno abbienti e mio figlio con pochi altri rampolli della gente “bene”. Mio figlio ebbe un'insegnante straordinaria che amava i suoi scolari come oggi capita sempre più raramente ed io l'ennesima conferma che la stupidità umana, come diceva Einstein, è infinita.
Questa donna gentile e riservata non si lamentò mai del trattamento subito ma, nell'intimità dei suoi pensieri, scriveva: Ho conosciuto / silenzi di fuoco / penetranti / come lame d'acciaio. / Cadere, rialzarsi / continuare / la marcia / verso un mondo/ dall'oscuro domani.
Ero un esponente della politica locale e come spesso accade, si va sempre in aiuto dei più forti. Naturalmente rifiutai. Ho sempre cercato di evitare di nuotare nel mare dell'imbecillità: troppo affollamento. La classe della maestra Paola fu sconvolta e rifatta e alla fine rimase sola la “sciuscia” (mondezza?) come il lessico locale definisce le classi meno abbienti e mio figlio con pochi altri rampolli della gente “bene”. Mio figlio ebbe un'insegnante straordinaria che amava i suoi scolari come oggi capita sempre più raramente ed io l'ennesima conferma che la stupidità umana, come diceva Einstein, è infinita.
Questa donna gentile e riservata non si lamentò mai del trattamento subito ma, nell'intimità dei suoi pensieri, scriveva: Ho conosciuto / silenzi di fuoco / penetranti / come lame d'acciaio. / Cadere, rialzarsi / continuare / la marcia / verso un mondo/ dall'oscuro domani.
Paola Gabbi era originaria di
Ventimiglia e come capita spesso agli” accudiddi” (forestieri)
rimase sempre estranea a questo mondo sorsense eternamente
diffidente. Ci sono molte persone, nate altrove, che per una vita
hanno fatto parte della comunità di Sorso portando un notevole
contributo di umanità e di cultura e dimostrando di amare il nostro
paese molto più di tanti nativi.
La nostra gente è sempre stata restia ad aprirsi al nuovo e a chi viene da “fuori”. Scrive Paola Gabbi in Sardegna: La tua gente è strana / forse assomiglia un po' a te / aspra, rude, selvaggia , silenziosa. / Una gente che capisco / una gente che forse m'ama / e fra la quale non sono più sola. Un abbraccio che non sempre viene ricambiato.
La nostra gente è sempre stata restia ad aprirsi al nuovo e a chi viene da “fuori”. Scrive Paola Gabbi in Sardegna: La tua gente è strana / forse assomiglia un po' a te / aspra, rude, selvaggia , silenziosa. / Una gente che capisco / una gente che forse m'ama / e fra la quale non sono più sola. Un abbraccio che non sempre viene ricambiato.
Noi sorsensi siamo tendenzialmente
degli “anarchico-individualisti”. Per questa ragione non
riusciamo a costruire un'identità condivisa, abbiamo difficoltà a
trasformarci in una comunità solidale. Ma un paese non è solo un
agglomerato di case dove ciascuno di noi si isola lasciando fuori il
resto del mondo.
Di tutto questo a Paola Gabbi importava
poco. Lei si sentiva parte viva della nostra cittadina: il suo
lavoro, la sua famiglia e la sua poesia la rendevano refrattaria alla
stupidità. La cattiveria della gente restava ai margini anche se:
Mani adunche / scarne nella penombra. / L'esile filo /
lotta. / Fredde braccia / sono in agguato.
Meglio osservare il
paese, coglierne le ricchezze nascoste.
Un'alba a Sorso:
Argentine campane / suonano l'Ave. / Il sole sbianca / il paese si
risveglia. /
Lo sfrecciare rado / di macchine è
coperto / dal canto di non / svernanti uccelli. / Un trepidio di voli
/ una ricerca.
E poi
ci sono i bambini, una presenza costante nella poesia di Paola Gabbi.
Prima classe: Visetti biricchini / attendete
affetto/ e luce nel buio / di un mondo che si schiude. / Manine
incerte / tracciate segni / che sono nulla / e mille cose. / Penetra
la luce/ un miracolo / esplode nelle mani / incerte. / Segni /
certezza / del mondo /di domani.
La poetica di Paola
Gabbi è fortemente permeata dal suo lavoro di maestra, non
semplicemente una professione per guadagnarsi da vivere. I bambini
sono al centro del suo universo e della sua poesia.
Anche quando quei
bambini crescono, diventano uomini e donne che devono affrontare un
futuro pieno di incertezze. Lei li accompagna nel loro viaggio con
l'affetto e la preoccupazione di una madre che conosce e teme le
avversità della vita. Saranno abbastanza forti per affrontare il
mondo senza cedere alle offese dell'esistenza? Avrà saputo aiutarli?
Per Paola Gabbi è stata una scelta di vita stare con i bambini. Per
insegnare ed imparare. Per dare amore e ricevere speranza perchè:
E' immensa gioia / il tuo bianco
sorriso.
Bibliografia
Briciole. Poesie. Antonio
Carello Editore Catanzaro 1983
Vetri. Poesie. Casa Editrice
Seledizioni Bologna 1989
L'eco del mare. Poesie. Libro
italiano. Ragusa 1996
Lo scorrere della vita. Poesie.
Libroitaliano World Caltanissetta 2002
Oltre la siepe. Poesie. Golden
Press Genova 2006
NOTE
Le poesie citate sono
tratte dalla raccolta “ Vetri”
Pubblicato sul nr. 9 del 1 maggio 2012 de Il Corriere Turritano
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