Antonello Roggio (R)

Appunti dal Palazzo dell’Arte. Sorso 15/22 dicembre 2012

Antonello Roggio
di Leo Spanu

Antonello Roggio si muove tra Sorso e Bologna non solo per motivi contingenti (il lavoro che da diritto sembra diventato una chimera per la nostra gioventù) ma anche alla ricerca di un’identità artistica che, pur avendo le  radici nel suo paese natio, ha bisogno di altri spazi per crescere e scoprire il senso più intimo e personale del mestiere di vivere. Infatti è dallo studio e dall’analisi del proprio ego che Antonello Roggio parte per trovare la sua verità universale. In controtendenza con la pittura classica di Sorso ( Si! Esiste a Sorso  un movimento artistico che partendo da Pietro Antonio Manca attraverso Giuliano Leonardi, Francesco e Ausonio Tanda, Gavino Piana e altri artisti  si può configurare come una vera e propria “scuola sorsense” seppure non codificata) che fa del paesaggio il momento centrale dell’espressione pittorica, Antonello Roggio dedica tutta la sua attenzione ai ritratti e all’uomo nelle sue mille maschere. Il riferimento pirandelliano non è casuale. In una sua tela rappresenta volti bendati che cercano di fuggire lo sguardo degli altri nell’illusione e nella speranza di non essere visti. Uno nessuno centomila, per nascondere il vuoto dell’anima? Forse. Anche l’utilizzo della carta incollata su tela, non è un mero fattore tecnico. Le screpolature della carta diventano ferite del volto, lacerazioni della pelle che scoprono il tempo che fugge dietro l’apparenza d’uomo, ammesso di capire e di sapere cos’è un uomo. Ma sbaglierebbe chi pensasse che l’artista sorsense cerchi di evitare la realtà. Nei nudi, soprattutto quelli maschili, l’artista si svela e si racconta senza pudori. Quasi una  muta richiesta di aiuto. A volte con l’innocenza ferita del sognatore deluso. Nell’opera “Trenta denari” i due volti rappresentano la stessa persona. Il traditore e il tradito sono lo stesso uomo. Uomini contro se stessi.
Difficile cercare le ragioni e l’origine del male di vivere. Nell’opera “Impatto” la rappresentazione del momento della nascita è raccontato quasi con violenza. Un trauma vissuto come il peccato originale, una colpa che non abbiamo ma che dobbiamo pagare comunque. Per chi ha una fede religiosa c’è una risposta consolatoria  ma per chi, con l’intelligenza del dubbio, si domanda sul senso della vita le risposte sono sempre parziali e spesso pessimistiche. In “Equilibri precari” (opera esposta alla reggia di Caserta) gli uomini sembrano marionette  guidate da un  burattinaio che sta fuori del quadro e di cui si vedono solo le grandi mani. Fili invisibili, mossi e agitati da un dio maligno, ci danno un’illusione di libertà intanto il tempo sgretola i lineamenti del volto e le certezze dell’esistenza. La vecchiaia non è più un porto dove riposarsi alla fine del viaggio ma una malattia del corpo e dell’anima. A questo punto sembrerebbe che l’artista abbia scelto una strada che porta al nichilismo. Ma, e qui sta la grandezza dell’arte, le contraddizioni sono anche una spinta per superare i punti (apparenti) di non ritorno. Un’opera molto significativa e in totale contrasto con quanto fin qui detto, è “Questi, che mai da me non fia diviso”(opera esposta a Firenze).  I più attenti riconosceranno nella citazione dei versi di Dante ( canto quinto dell’Inferno) la tragica storia d’amore di Paolo e Francesca. Li ricordiamo:
Noi leggiavamo un giorno per diletto /  di Lancellotto come amor lo strinse:  /soli eravamo e sanza alcun sospetto. / Per più fiate li occhi ci sospinse / quella lettura, e scolorocci il viso ; / ma solo un punto fu quel che ci vinse. /  Quando  leggemmo il disiato riso / esser baciato da cotanto amante , / questi, che mai da me non fia diviso, / la bocca mi baciò tutto tremante./ Galeotto fu il libro e chi lo scrisse; / quel giorno più non vi leggemmo avante.
L’amore di Paolo e Francesca, nel racconto dantesco, supera la morte e il tempo. Per Antonello Roggio l’amore va anche oltre i limiti della fisicità. Una figura che non è più uomo nè donna ma li fonde entrambi. Un’unione, quasi una simbiosi, che cerca l’unità dell’anima attraverso l’abbraccio e la fusione della carne. Come Adamo ed Eva in “Eterogenesi”  dove  i loro corpi sono uniti nella volontà ma pur sempre divisi. Un limite che impedisce di raggiungere l’assoluto.
Non è facile seguire il messaggio dell’artista malgrado i molteplici segnali sparsi nella sua pittura. C’è una durezza di forme e di colori che maschera (torniamo al discorso del nascondersi!) la tenerezza del racconto poetico. Anche i contrasti di luci ed ombre  sono ostacoli che tendono a  confondere l’osservatore. Dobbiamo toglierci il velo dagli occhi e scavare sotto la pelle per scoprire la grande sensibilità artistica e umana di questo giovane artista di cui, siamo certi, sentiremo parlare in futuro.

NOTE BIOGRAFICHE
Antonello Roggio è nato a Sassari nel 1978. Diplomato all’Istituto d’Arte, si laurea all’Accademia di Belle Arti di Sassari nel 2006. Ha insegnato al Liceo Artistico di Tempio e al Liceo Scientifico di Bono. Le sue opere sono state esposte  A Sassari, Cagliari, Nuoro, Caserta, Brescia, Firenze, Trevi e altre località.

Pubblicato sul Corriere del Turritano nr.1 del  16/1/2013

che mai da me non fia diviso

impatto

equilibri precari
30 denari

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