8 marzo: La meglio gioventù
di Leo Spanu
Oggi è ancora l'8 marzo, festa delle donne. Il 20 marzo del 2016, in Spagna un pullman uscì fuori strada e morirono 13 studentesse Erasmus, fra i 19 e i 25 anni, di cui 7 erano italiane. Nell'aprile del 2023 morì l'autista del pullman, unico imputato, e il processo finì per mancanza di colpevoli. Ecco, nel riproporre un mio vecchio articolo che parla di quella storia ma non solo, vorrei ricordare i nomi di quelle ragazze perchè l'8 marzo non deve essere l'occasione per festeggiare non si sa quali stupidaggini ma perchè il cammino per la parità dei diritti delle donne è ancora lungo e intanto abbiamo perso anche quelle ragazze, la nostra meglio gioventù.
Francesca Bonello. Genova; Serena Saracino. Torino; Valentina Gallo. Greve in Chianti (Firenze); Elena Maestrini. Gavorrano (Grosseto); Lucrezia Borghi. Greve in Chianti (Firenze); Elisa Valent. Venzone (Udine); Elisa Scarascia Mugnozza. Viterbo.
Delle ragazze straniere non conosco i nomi: sono due ragazze della Germania, una della Romania, una della Francia, una dell' Austria, una dell' Uzbekistan.
La meglio gioventù
Un poco ubriachi cantano, alla mattina presto,
coi fazzoletti rossi stretti intorno alla gola,
poi comandano rauchi quattro litri di vino
e caffè per le ragazze, che ormai tacciono piangendo.
Venite, treni, caricate questi giovani che cantano
Coi loro blusoni inglesi e le magliette bianche.
Venite, treni, portate lontano la gioventù
A cercare per il mondo ciò che qui è perduto.
Portate, treni, per il mondo a non ridere mai più,
questi allegri ragazzi scacciati dal paese.
Questa poesia scritta da Pier Paolo Pasolini nel 1954
racconta dello stato d’animo di un gruppo di ragazzi in procinto di partire per
l’estero in cerca di la voro ma , come spesso capita ai poeti, ai veri poeti,
le loro parole vanno oltre il fatto contingente che le ha ispirate e finiscono
col diventare un messaggio universale pieno di significati diversi e di
emozioni che vivono nel tempo.
Ho riletto questi
versi, dopo tanti anni, sulla spinta di una notizia che mi ha molto colpito: la
morte di sette ragazze italiane in uno stupido incidente stradale in Spagna. Un
fatto di cronaca triste come tanti altri che ogni giorno i mass media ci
scaricano addosso tra una pubblicità e l’altra cercando di spremere anche l’ultima
goccia della nostra perduta umanità. E’ un tema questo che ritorna spesso nelle
mie riflessioni perché odio tutta la retorica che ci costringe ogni giorno a
versare lacrime a comando, ad applaudire commossi per questo e per quel fatto
doloroso. Pausa pubblicità, un minuto o due secondo gli sponsor poi un nuovo
dolore. Abbiamo il tempo diviso dieci minuti a disgrazia, poi alla sera col
nostro carico di sofferenze imposte possiamo
andare a letto contenti perchè anche oggi siamo stati buoni.
Il caffè è ormai freddo per quelle ragazze che ormai tacciono.
Non piangono più e forse non hanno mai pianto perché nei loro dolci sorrisi
c’era allegria. Non erano come i ragazzi della poesia costretti a partire alla
ricerca di un lavoro spesso duro e faticoso per sfuggire alla miseria del loro
paese. Non erano come i migranti di oggi che fuggono dalla guerra e vengono
fermati da recinzioni di filo spinato. No, quelle ragazze erano all’estero per
una scelta volontaria di studio e di vita. Vite serene alle spalle, nessun
problema economico. Potevano godere degli aspetti felici della giovinezza
magari i problemi sarebbero arrivati dopo. Così si sono addormentate nel pullman dopo una notte di festa senza pensare alle
cose da fare l’indomani. A vent’anni non
hai tempo di pensare alla morte, c’è
tanto da vivere e da sognare.
Noi invece siamo qui a cercare nel mondo ciò che abbiamo
perduto. Non abbiamo più parole e forse non riusciamo più a piangere. Quei
ragazzi un po’ ubriachi del 1954, quei ragazzi aggrappati alle reti d’acciaio,
quelle ragazze che sorridono dalle loro
fotografie sono ciò che abbiamo perso e che continuiamo a perdere. Sono la
nostra meglio gioventù.
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