Cenni di storia della letteratura italiana. Parte 2°

di Leo Spanu

  Il Seicento viene definito  decadente dal punto di vista letterario, gli autori sono Giambattista Marino (1569-1625), Gabriello Chiabrera ( 152-1638), Alessandro Tassoni (1565-1635),  Salvator Rosa (1615-1673. Più noto come pittore), Francesco Redi  (1626-1697) tutta gente che qualsiasi studente per bene scordava  un minuto dopo l’interrogazione. Gli altri autori sono talmente dimenticati che qualcuno comincia a dubitare che siano mai esistiti. Tra i tanti dimenticati un certo Gregorio Leti  (1630-1701) un padre del metodo Boffo, cioè l’arte di calunniare e diffamare per mezzo stampa, metodo che nei nostri tempi ha raggiunto altissimi livelli di perfezione. Gregorio Leti,  peraltro, era una buona penna  anche se risultava difficile distinguere il vero dal falso. Mi piace citarlo per una sua definizione a proposito degli scrittori che non sanno scrivere. Infatti se la prende con “ le historie che finiscono il lettore prima che il lettore le finisca”. Parole sante oggi che scrivono cani e porci.

  Il Settecento parte con un’eredità del Seicento, l’Arcadia,  un' accademia letteraria creata nel 1690 con l’intento di tornare all’antica poesia. Già come programma è preoccupante: è vero che per darsi la rincorsa, qualche volta, si fa qualche passo indietro ma questo succede nel salto in lungo. In poesia non so quali risultati si possano avere  nel tornare indietro. 
Infatti abbiamo vari periodi: il petrarchismo ( con tristi imitatori del Petrarca), l’anacreontico ( che non è una parolaccia ma nasce dall’imitazione del Chiabrera) e il frugonismo dal poeta Carlo Innocenzo Frugoni ( 1692-1768. Uno che frugava nei versi sciolti). 
Il poeta più importante del secolo è Pietro Metastasio  ( Pietro Antonio Domenico Bonaventura Trapassi 1698-1782) che a leggerlo oggi provoca lo stesso effetto di un mal di denti; deprimente. Per fortuna ci sono scrittori come Giovan Battista Vico  (1668-1744) che con il suo “ Principi di Scienza nuova” ha molto da insegnare anche agli uomini di oggi. Ma nella seconda metà del secolo la letteratura riprende a sorridere grazie a Carlo Goldoni (1707-1793), Giuseppe Parini (1729-1799) , Vittorio Alfieri (1749-1803), Ippolito Pindemonte (1753-1828). In realtà con gli ultimi tre  gli studenti hanno sempre avuto poco da sorridere.
Tra gli autori cancellati da  tutte le storie della letteratura c’è il poeta veneziano Giorgio Baffo ( Zorzi Alvise Baffo 1694-1768.  Per chi fosse interessato c’è un  mio pezzo  pubblicato sul blog il 10 agosto 2015). Troppo osceno: Mi dedico ste mie composizion, / ai omeni e alle donne morbinose, / a quelli veramente che le cose/ i varda per il verso bon….. / Che de Dio no se parla/ né dei re/ ma sol di cose belle, allegre e bone,/ cose deliciosissime, cioè/ de boche, tette, culi, cazzi e mone. 
Anche Domenico Luigi Batacchi  (1748-1802) non gode di buona fama; infatti da qualche critico pruriginoso viene definito “ verseggiatore porco e per giunta mediocre”.

L’Ottocento comincia con Vincenzo Monti (1754-1828) diventato famoso per la traduzione dell’Iliade, tanto che  Ugo Foscolo lo definì: gran traduttor dei traduttori di Omero. Per il resto la lettura dei suoi scritti potrebbe essere utilizzata come cura per l’insonnia. 
Ugo Foscolo  (1778-1827) è tra i grandi con opere come “ Le ultime lettere di Jacopo Ortis” e “ Dei sepolcri”. Personalmente preferisco il Foscolo più intimo, quello di alcuni sonetti e delle odi. Giovanni Berchet  (1783-1851)è uno dei padri fondatori del romanticismo e per questa ragione merita una citazione. Il romanticismo, un movimento letterario di derivazione tedesca, vede tra i suoi rappresentanti anche Alessandro Manzoni (1785-1873) anche se la sua opera principale “ I promessi sposi”  è un capolavoro assoluto che non può essere inquadrato in nessuna categoria. A onor del
vero io, come tanti altri studenti, ho odiato profondamente questo romanzo studiato malamente e svogliatamente negli anni del liceo salvo scoprire, molti anni dopo, che invece è un libro da leggere assolutamente. Ne ha fatto di danni la scuola, almeno un certo tipo di scuola. 
Altro autore “ palloso” era Giacomo Leopardi (1789-1837), probabilmente il più grande poeta di tutti i tempi ( per me). Anche se avesse scritto solo “ L’infinito” meriterebbe un monumento per l’eternità.

Sempre caro mi fu quest’ermo colle,/ e questa siepe, che da tanta parte/ dell’ultimo orizzonte il guardo esclude./ Ma sedendo e mirando, interminati/ spazi di là da quella e sovrumani/  silenzi, e profondissima quiete/ io nel pensier mi fingo; ove  per poco/ il cor non si spaura. E come il vento/ odo stormir tra queste piante, io quello/ infinito silenzio a questa voce/ vo comparando; e mi sovvien l’eterno,/ e le morte stagioni, e la presente/ e viva, e il suon di lei. Così tra questa/ immensità s’annega il pensier mio;/ e il naufragar m’è dolce in questo mare.
Ogni volta è una emozione. Sono stato due volte a Recanati, su " l' ermo colle”. Seduto, da solo, a sognare il mare in fondo allo sguardo.

Ci sono anche scrittori e poeti  che hanno contribuito coi loro scritti alle profonde trasformazioni sociali e politiche dell’Italia dell’Italia di allora: Giacomo Zanella (1820-1888), Vincenzo Gioberti (1801-1852),  Niccolò Tommaseo (1802-1874), Luigi Mercantini (1821-1872), Giuseppe Mazzini (1805-1872), Cesare Balbo (1789-1853) , Goffredo Mameli (1827-1849), Costantino Nigra (1828-1907), Giuseppe Giusti (1809-1850), Massimo D’Azeglio (1798-1866. E’ l'autore della famosa frase: L’Italia è fatta ora bisogna fare gli italiani. Non ci siamo ancora riusciti.), Silvio Pellico (1789-1854), Aleardo Aleardi (1812-1878), Giuseppe Giacosa (1847-1906), Giovanni Prati (1815-1884)  e il mio amato Carlo Porta (1775-1821). All’epoca la gran parte degli intellettuali  aveva una funzione critica del sistema e spesso pagava duramente le proprie scelte con esilio e prigione ( Mazzini, Pellico). Oggi mi pare  che molti intellettuali si siano adagiati e accomodati nel sistema fino a farsi portavoce del sistema stesso al punto che la corruzione, sempre presente nelle istituzioni e nel potere, è diventata endemica. La cultura dovrebbe produrre gli anticorpi contro le degenerazioni ma ho il sospetto che non ci siano più molte voci contro. Forse l’ultimo è stato Pier Paolo Pasolini. Fare i bastian contrari con le tasche piene di milioni è solo un’ipocrisia. Un dolcetto avvelenato per gli ingenui.
La seconda metà del secolo vede autori che portano aria nuova  nel mondo della letteratura con nuovi indirizzi culturali e  con scelte innovative nei contenuti e nelle forme. 
Giosuè Carducci (1835-1907) e poeti dialettali  come i romani Gioacchino Belli (1791-1863) e Cesare Pascarella (1853-1940)  e il napoletano  Salvatore di Giacomo(1860-1934). 
E poi scrittori come Ippolito Nievo (1831-1861), Luigi Capuana (1839-1915), Giovanni Verga (1840-1922), espressioni di quella corrente naturalista e verista che vedrà poi anche scrittrici come la napoletana Matilde Serao ( 1856-1927) e la sarda Grazia Deledda
Edmondo De Amicis  (1846-1908) invece può essere definito uno scrittore manzoniano. Anche la scapigliatura, un movimento nato a Milano presenta scrittori di spicco come Arrigo Boito (1842-1918),  Iginio Tarchetti (1839-1869), Emilio Praga (1839-1875). Molto vicino alla scapigliatura era lo scrittore Salvatore Farina (1846-1918), nativo di Sorso ( mio compaesano) che ebbe grande fortuna nell’Europa ed oggi è praticamente dimenticato. A fine secolo il realismo cede al decadentismo con autori  Come Antonio Fogazzaro (1842-1911) , Giovanni Pascoli (1855-1912) e soprattutto Gabriele d’Annunzio (1863-1938). Altri autori degni di menzione: Emilio Salgari (1862-1911).

Da Gioacchino Belli 

Er Giorno der giudizzio
Cuattro angioloni co le tromme in bocca/ se metteranno uno pec cantone/ a ssonà: poi co ttanto de voscione/ cominceranno a ddì: ffora a cchi ttocca./ Allora vierà ssù una filastrocca/ de schertri da la terra a ppecorone,/ per rripijjà ffigura de perzone,/ come purcini attorno de la bbiocca./ E sta bbiocca sarà ddio benedetto,/ che ne farà du parte, bbianca, e nnera:/ una pe annà in cantina, una sur tetto./ All’urtimo ussirà ‘na sonajjera/ d’Angioli, e, ccome si ss’annassi a lletto,/ smorzeranno li lumi, e bbona sera.

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