la fontana
Sorso: la fontana della Billellara. Inizi 1900
La fontana della Billellera: ovvero
l’elogio della follia
di Leo Spanu
In un precedente articolo abbiamo parlato della fontana di
Sorso per come la ricorda la scrittrice Carolina Cutolo. In questa sede
vogliamo raccontare qualcosa in più su
questa famosa fontana ormai assunta a simbolo di Sorso. Il motivo di tanta imperitura gloria è dovuta al
fatto, universalmente noto, che chi beve l’acqua della Billellera diventa matto
(in sorsense: maccu). In realtà il binomio acqua-follia ha una storia lunga e
ricca di esempi più importanti e famosi.
Erasmo da Rotterdam (1466-1536) teologo, umanista e filosofo olandese nel suo
trattato Elogio della follia evidenzia
la necessità vitale dei comportamenti “fuori norma”. Gli uomini, piacciono da
bambini perché hanno “la grazia che viene dalla mancanza di senno”.
Poi diventano adolescenti, talvolta ancora gradevoli, e in seguito adulti saggi e noiosi. Infine
invecchiano e rimbambiscono. Allora interviene la Follia che prende i vecchi
per mano e li conduce alla fonte della ninfa Lete, che sgorga nelle Isole
Fortunate e “ bevute a grandi sorsi le
acque dell’oblio, un poco alla volta, dissipati gli affanni, (gli anziani) torneranno bambini”. Infanzia e
vecchiaia, i veri punti cardinali della felicità? Chissà! Comunque noi , a
Sorso, l’acqua della follia l’abbiamo sempre bevuta fino a quando il benessere
ci ha regalato l’inquinamento delle fonti e le bottiglie di plastica dove viene
evidenziata la bassa percentuale di stronzio presente nell’acqua minerale.
Della percentuale di stronzio nella civiltà moderna non è scritto! Anche Gubbio
gode della fama “di città dei matti”.
Secondo un’antica tradizione chi fa tre giri di corsa intorno alla
cinquecentesca Fontana dei Matti e poi si bagna con l’acqua della stessa, si
guadagna la patente di matto. Intorno a questa simpatica tradizione c’è un bel
giro di affari tra souvenir, cartoline, attestati, e carabattole varie da
rifilare a turisti in cerca di curiosità e folklore. Gli egubini guadagnano soldi con la storia della follia. Quando
ci decideremo anche noi a produrre billellerine in finto avorio e boccettine e
bottigliette d’acqua santa (pardon matta)? Lo scrittore brasiliano Paolo
Coelho, nel suo romanzo Veronika decide
di morire (1998) racconta invece una storia curiosa ed emblematica. Una
volta, un potente stregone, per distruggere un regno, versò una pozione magica
nel pozzo dove bevevano i sudditi. Tutti impazzirono esclusi il re e la regina
che avevano un pozzo privato. A quel punto le leggi e le decisioni regali
apparvero e diventarono assurde e incomprensibili. Il popolo pensò che il re era
impazzito e che doveva essere destituito prima di mandare in fallimento il regno.
Per chi non avesse il tempo e la voglia
di leggere tutto il romanzo, dirò che questa piccola storia ha un lieto fine.
Il re e la regina bevvero l’acqua avvelenata e tutto tornò alla normalità.
Lo scrittore tedesco Sebastian Brant nella sua opera La nave dei folli (1494) si interroga
sulla relazione (antica) tra acqua e follia. Scrive infatti:” Perché dalla vecchia alleanza dell’acqua con la follia, è nata un giorno,
e proprio quel giorno, questa barca?” (cioè la nave dei folli). Vuoi vedere
che anche l’arca di Noè, oltre alle gabbie degli animali, aveva una gabbia di
matti molti dei quali sono finiti a Sorso ?
Acqua e follia sono presenti anche nei versi del poeta
francese Arthur Rimbaud (1854-1891) che riprende il mito di Ofelia da
Shakespeare : Son più di mille anni che
la dolente Ofelia / passa, bianco fantasma,
sul lungo fiume nero / son più di mille anni che la follia sua dolce /mormora una romanza nel vento della sera. Qui il cerchio si chiude; se è vero che veniamo
dall’acqua, Ofelia ritorna all’acqua come in un letto che la culla e l’accompagna nel suo ultimo viaggio. Noi, meno
portati alla poesia, preferiamo (il più tardi possibile) un tradizionale
funerale con mausolei di marmo, fiori e condoglianze di rito. Nel frattempo, se
vogliamo, possiamo regalarci un pizzico di dolce follia che ci aiuti a
sopportare meglio le fatiche della vita.
Tornando alla fontana della Billellera e al conclamato
“macchini” dei sorsensi non saprei dire
se si tratti di un’offesa o di un complimento. Andreuccio Bonfigli, presidente
degli Ospedali Riuniti di Sassari e poi sindaco di Sorso, al tremendo quesito
posto alle autorità sanitarie dalla legge Basaglia (1978, che prevedeva fra
l’altro la chiusura dei manicomi) sul dove inviare “i matti” liberati, disse:”Mandateli pure a Sorso, tanto per qualche “maccu” in più, chi volete che se ne
accorga!” Quanta saggezza!
Pubblicato su Corriere Turritano nr. 4 del 16 marzo 2013
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