la battaglia di Sorso

La “battaglia” di Sorso. 8 dicembre 1922
di Leo Spanu

La storia inizia quando “ dall'alto”fu deciso di costituire il Fascio littorio a Sorso che, malgrado fosse un importante centro, era privo di una struttura organizzata. Il sindaco Giovannino Roggio, capo del partito sardista locale era decisamente contrario e stando all'opinione dei fascisti preparò una “calda” accoglienza agli ospiti non graditi. L'ostilità dei sorsensi al fascismo è dovuta, secondo una relazione della prefettura di Sassari al fatto che: “ la popolazione di Sorso, composta in maggioranza di contadini assai laboriosi ma altrettanto ignoranti, non ha un' idea chiara del fascismo. Si crede che i fascisti non siano che dei facinorosi spregiudicati, capaci solo di qualche audace violenza, di derubare, di saccheggiare ed uccidere.”
Tre squadre di fascisti “ marciarono” su Sorso. Provenienti dalla Gallura, un primo gruppo guidato dall'avvocato Luigi Pilo, federale di Sassari, insieme al professore di filosofia Severino Lumbau; un secondo gruppo da Sassari e un terzo da Porto Torres: una quarantina di persone in tutto. L'avvocato Pilo doveva tenere un pubblico comizio. I sassaresi arrivarono a Sorso senza problemi. Con i portotorresi invece nacquero subito delle difficoltà. Qualcuno disse che i fascisti turritani, strada facendo, avevano distribuito una sonora passata di schiaffi ai bambini sorsensi che non avevano chinato il capo davanti al gagliardetto, altri che si trattava di rivalità paesane; sta di fatto che l'accoglienza da parte dei sorsensi non fu delle più cordiali. Partì una fitta sassaiola e le camicie nere, armate di rivoltelle e maganelli, furono circondate da una folla inferocita e vociante. L'avvocato Pilo, per evitare guai ulteriori, si rivolse al sindaco Roggio perchè calmasse gli animi dei suoi concittadini ma questi preferì tirarsi fuori dalla mischia. Lumbau nel frattempo si era già eclissato. Si era ricordato di avere altri impegni e oltretutto la filosofia mal si concilia con i ceffoni. Anche Pilo decise di fuggire e si rifuggiò in una casa di via Farina ma fu inseguito da un gruppo capeggiato da Angelo Zinnarosu, assessore anziano. che dopo aver sfondato la porta, prese l'avvocato a bastonate. Lo stesso Zinnarosu, non soddisfatto della lezione, sparò anche un colpo con la pistola ma, avendo una pessima mira colpì all'orecchio destro Pietro Frongia, un osilese sposato a Sorso, fascista della prima ora che durante la guerra era stato con Mussolini. L'arrivo dei carabinieri salvò l'avvocato Pilo ma, intanto in tutto il paese v'erano vari focolai di rivolta. Spari, botti, fucilate e colpi di pistola neanche fosse Napoli durante l'ultimo giorno dell'anno. Un gruppo di fascisti fuggì verso la periferia. Raffaele Rais, di Porto Torres, invece di seguire i camerati decise di andare a salvare l'avvocato Pilo, non sapendo che lo stesso era già stato portato via dai carabinieri. Un grosso sasso lanciato da tale Agostino Sanna, colpì alla testa Rais mentre stava sul predellino della macchina di Pilo (la storia avrebbe dimostrato poi che i predellini portano sempre sfiga!). Altri due portotorresi furono feriti e gli aggressori furono tutti identificati.
Raffaele Rais fu ricoverato in ospedale solo dopo diversi giorni, quando la ferita, non grave, era andata in infezione. Fu sistemato in un corridoio per mancanza di posti letto (la mala sanità viene da lontano) e morì per complicazioni polmonari.. Raffaele Rais fu iscritto d'ufficio nell'empireo degli eroi del Fascio. Il poveretto ne avrebbe fatto volentieri a meno perchè, come cantava Fabrizio De Andrè, è meglio un soldato vivo che un eroe morto.
Nel frattempo il sindaco Roggio si era ripresentato in piazza indossando la fascia tricolore per imporre la sua autorità. Fu affrontato da tale Michelino Marongiu, ex poliziotto e fascista di specchiata fede che gli strappò la fascia, la gettò a terra e ci sputò sopra. La folla intorno, come un coro greco, partecipava con fischi, schiamazzi, urla e incitamenti.
L'avvocato Pilo, grazie al suo sacrificio, promosse il suo ruolo di eroe senza macchia e senza paura e ad un avvocato sardista, Luigi Battista Puggioni, che sul giornale “Il Solco” aveva messo in dubbio il coraggio dell'esponente fascista parlando del colore “strano” delle sue mutande, fu somministrata una buona dose di olio di ricino per purgarlo della sua mancanza di fede e per i suoi peccati politici..
Ultima osservazione. Nessun arresto fu operato per i fatti di Sorso. Il processo, che si svolse circa due anni dopo, vide l'assoluzione di tutti gli imputati (il sindaco Roggio fu accusato di essere il promotore della violenza) salvo Zinnarosu che potè godere di amnistia.
Poco tempo prima la salma di Raffaele Rais era tornata alla città natale” e la bara percorse le vie di Porto Torres tra due ali di folla, persone commosse e piangenti”.(1) Risparmiamo al lettore il seguito del racconto della triste e straziante manifestazione perchè neanche la Madonna Pellegrina (2) è riuscita a tanto.

Bibliografia
Luigi Nieddu. Dal combattentismo al fascismo in Sardegna. Vangelista editore Milano 1979
Giovanni Fiora (1). Il fascismo a Sassari e provincia. Edizioni Laino Libri 2003.

Note
2)Durante le elezioni politiche del 1948 la Chiesa “scese in campo” con i Comitati Civici di Luigi Gedda a sostegno della Democrazia Cristiana. La “Madonna Pellegrina” fu portata in processione in tutta Italia. In realtà la pratica era nata in Francia nel 1943 quando quattro copie della statua di Notre Dame de Boulogne furono portate in giro per il paese con l'intento di ampliare la fede cattolica. Secondo le intenzioni degli organizzatori Maria si recava direttamente e personalmente dai suoi fedeli. In Italia la “ Peregrinatio Mariae” (questo il nome originale dell'iniziativa) fu utilizzata in campagna elettorale insieme a tutti gli strumenti di propaganda possibili. Famoso uno slogan elettorale dell'epoca: “Nel segreto della cabina elettorale Dio ti vede, Stalin no.” Per portare a spasso la Madonna Pellegrina furono mobilitate quasi 28.000 parrocchie, più di 66.000 chiese, oltre a migliaia di persone e organizzazioni vicine al clero. La lotta contro il comunismo era diventata una guerra santa. Naturalmente il Fronte Democratico Popolare, formato dal Partito Comunista e dal Partito Socialista, perse le elezioni e i nostri bambini non furono mangiati (come minacciava un altro slogan). La Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi si aggiudicò la maggioranza relativa dei voti e la maggioranza assoluta (caso unico!) dei seggi.



Pubblicato sul Corriere Turritano nr. 10 del 15 maggio 2012

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