A muro duro
di Leo Spanu Una volta i muri erano la lavagna segreta degli ultimi, quelli invisibili. Pochi minuti o poche ore di gloria per loro, poi arrivava l'omino del comune che, con una passata di vernice bianca, copriva le scritte oscene e di contestazione (spesso coincidono). Ancora non era nato il sindaco di Firenze che, in verità, nei placcaggi non è molto bravo (lo dice un ex giocatore di rugby): invece i suoi predecessori usavano l'acqua gelida per svegliare (mese di febbraio 1999) hippy e barboni addormentati in piazza SS. Annunziata, sotto i portici dello Spedale degli Innocenti. Questa è una storia vera, insieme ad un'altra, quando io e la mia signora, da sempre e sempre innamorati di Firenze, festeggiavamo 25 anni di matrimonio: in una marea di turisti che si muovevano avanti e indietro come onde impazzite, una signora molto anziana, vestita dignitosamente, frugava in un bidone di spazzatura davanti ad un negozio di frutta e verdura, alla ricerca di qualcosa da mangiare